La tregua di fine novembre a Gaza è durata solo una settimana; il tempo di scambiare 80 degli ostaggi israeliani rapiti da Hamas con 210 delle migliaia di prigionieri palestinesi detenuti da Israele.
Dopo aver distrutto e occupato il nord, facendo 17.000 vittime e cacciando 1,7 milioni di abitanti, l'esercito israeliano ha attaccato il sud. Con il pretesto di "eliminare Hamas" e "continuare la guerra fino alla vittoria", Netanyahu e i suoi ministri di estrema destra sembrano pronti ad annientare Gaza, lanciati a capofitto in una corsa assassina contro i palestinesi. Quelli di Gaza vengono schiacciati sotto le bombe. In Cisgiordania, sono consegnati al dominio arbitrario dei coloni israeliani, che li cacciano dalle loro terre, tagliano le strade di accesso ai loro villaggi, quando non li uccidono direttamente. A Gerusalemme Est, l'esercito dà la caccia a coloro che manifestano solidarietà con Gaza. I quartieri arabi sono isolati, i loro negozi chiusi e numerose case distrutte.
La violenza e le umiliazioni quotidiane di questa occupazione coloniale stanno alimentando una rivolta legittima. Dal 7 ottobre, in assenza di altre prospettive politiche, Hamas è apparso come il campione della causa palestinese. Ma è lo stesso esercito israeliano che sta facendo nascere in tutta la Palestina nuove generazioni di ribelli, pronti a combattere e a morire per non essere più rinchiusi in perpetuo, senza prospettive.
Per giustificare il massacro commesso a Gaza, Netanyahu, i suoi capi militari e i loro sponsor occidentali hanno sulla bocca solo la sicurezza di Israele. Ma la popolazione ebraica di questo paese non avrà né pace né sicurezza finché resterà complice dell'oppressione dei palestinesi. I suoi giovani passano i loro anni migliori in divisa militare e si sporcano partecipando all'oppressione coloniale. L'estrema destra e i coloni più estremisti influenzano sempre più la vita politica e limitano le libertà.
Da Meloni a Macron e Biden, i leader delle grandi potenze consigliano a Netanyahu di cercare di evitare i morti civili. Che ipocrisia! Il sostegno incondizionato degli Stati Uniti è stato ancora confermato con il voto all’ONU contro un cessate il fuoco immediato. E senza i quattro miliardi di dollari all'anno di aiuti militari statunitensi, i leader israeliani non avrebbero l'esercito più potente del Medio Oriente. Non avrebbero potuto sganciare più di 40.000 tonnellate di bombe su Gaza in due mesi.
Per controllare questa regione strategica e le sue ricchezze, la Francia, la Gran Bretagna e poi gli Stati Uniti hanno costantemente messo un popolo contro l'altro, tracciato confini arbitrari, installato regimi fedeli a loro e massacrato chi non era abbastanza obbediente, a costo di guerre sanguinose. Adesso in cerca di un diversivo, i dirigenti americani tornano a parlare di "soluzione a due Stati". Ci vuole un cinismo smisurato per riproporre questa formula quando Gaza è un campo di rovine e la Cisgiordania è spezzettata dagli insediamenti. Per 75 anni, hanno permesso a tutti i governi israeliani di impedire la formazione di uno Stato palestinese annettendo o colonizzando intere regioni. Persino l'Autorità Palestinese, creata dopo gli accordi di Oslo, è stata ridotta a una forza di polizia.
Mentre il bilancio delle vittime aumenta, sono in corso negoziati per preparare il nuovo apparato repressivo che sorveglierà i palestinesi. Tutti i protagonisti di questi negoziati, da Israele all'Arabia Saudita e all'Egitto, passando per il Qatar, la Turchia, l'Iran e lo stesso Hamas hanno il massimo disprezzo per la popolazione palestinese. Per loro, Gaza non è altro che un'arena di scontro per determinare il peso delle varie influenze in questo Medio Oriente trasformato in una polveriera dalle grandi potenze.
Gli Stati arabi, e anche Hamas, non combattono contro l'ordine imperialista che opprime i popoli del mondo e vogliono solo trovare posto al suo interno! La situazione drammatica dei palestinesi è uno dei risultati della legge imposta sul pianeta dai grandi gruppi industriali e bancari per la difesa dei profitti.
Nei paesi occidentali, i politici che servono questi grandi gruppi borghesi e i loro media usano il conflitto in Palestina per fomentare le divisioni tra i lavoratori, come fanno dopo ogni omicidio o attentato. Dipingono tutti coloro che si indignano per la condizione dei palestinesi come antisemiti e inventano uno scontro di civiltà. È una propaganda rivoltante che può solo fomentare l'odio. È una trappola in cui i lavoratori non devono cadere, perché questa divisione è un mezzo per sfruttarli oggi e reclutarli domani sui campi di battaglia.
Indipendentemente dai confini nazionali, dalle origini o dalla religione, i lavoratori di tutto il mondo sono soggetti allo stesso sistema capitalista, un sistema che li sta facendo sprofondare nella barbarie e che devono prepararsi a rovesciare. In particolare, i lavoratori dei paesi occidentali, che vivono nel cuore del sistema, sono nella posizione di lottare direttamente contro la loro borghesia imperialista. Sarà questa la vera solidarietà con il popolo palestinese schiacciato dalle bombe.
N. A.