Ciò che Hamas non è

Tra le popolazioni dei paesi arabi, e non solo, l'operazione "diluvio di al-Aqsa" lanciata da Hamas il 7 ottobre spesso è stata vista come una vittoria storica e, nonostante le atrocità commesse, ha guadagnato popolarità.

Di fronte a uno Stato israeliano protetto dalle potenze imperialiste, che ha espulso e oppresso impunemente un intero popolo e perpetrato massacri, sono molti quelli che, nel mondo arabo hanno provato la sensazione di una rivincita. Con la nuova guerra a Gaza e la dichiarata volontà di Israele di sradicare Hamas, questo partito, che è il ramo palestinese dei Fratelli Musulmani, è riuscito a ripristinare la sua reputazione, offuscata dopo diciassette anni alla guida della Striscia di Gaza.

A capo di un mini-stato

Israele ha deciso di evacuare la Striscia di Gaza nel 2005. L'anno successivo, approfittando del fallimento degli accordi di Oslo e del discredito dell'OLP e di Fatah, Hamas ha vinto le elezioni. I dirigenti occidentali non vollero riconoscere il successo di un'organizzazione che avevano classificata nell’elenco delle organizzazioni terroristiche e spinsero Fatah a contestare le elezioni. Ne seguì una sanguinosa battaglia tra le milizie delle due organizzazioni rivali, culminata con l'estromissione di Fatah dalla Striscia di Gaza nel 2007.

Hamas si è quindi trovato a capo di un mini-stato, con una propria amministrazione, il prelievo delle tasse, un apparato militare e di repressione. Per poter pagare i propri funzionari e svolgere il proprio ruolo di mantenimento dell'ordine a Gaza, sono arrivati fondi dal Qatar e dall'Iran, con l'accordo di Israele, che aveva interesse a farlo. "Chiunque voglia ostacolare la creazione di uno Stato palestinese deve sostenere la nostra politica di rafforzamento di Hamas e di trasferimento di denaro. Questo fa parte della nostra strategia: isolare i palestinesi di Gaza da quelli della Cisgiordania", dichiarò cinicamente Netanyahu nel 2019.

Mentre Israele e le potenze imperialiste hanno sempre presentato Hamas come il nemico da distruggere, dietro le quinte non hanno mai smesso di mantenere rapporti diretti o indiretti con questa organizzazione. La popolazione di Gaza rimase delusa, dovendo affrontare le difficoltà quotidiane, un blocco economico e militare permanente, guerre successive, una disoccupazione che colpisce il 50% della popolazione, interruzioni di corrente che durano più di dodici ore al giorno, avendo a disposizione acqua a malapena potabile e pagando tasse sostanziose. Anche se i gazawi considerano Israele ed Egitto responsabili del blocco, le loro critiche non hanno risparmiato Hamas. I suoi responsabili hanno messo la loro mano sull'economia dell'enclave e impongono pesanti tasse su tutte le attività, dai permessi di costruzione alle attività commerciali, perfino quelle informali, sul commercio dei tabacchi. Gli apparati di Hamas pretendono anche cauzioni per le scarcerazioni, dopo arresti spesso arbitrari. Molti criticavano la corruzione dei funzionari di Hamas, che non sembravano soffrire per la mancanza di elettricità.

Contro le masse

La popolazione vive sotto la sorveglianza di agenti di Hamas in abiti civili, soprannominati Zanana, in riferimento agli aerei di sorveglianza dell'esercito israeliano che sorvolano Gaza. Tuttavia, negli ultimi anni, in diverse occasioni si sono avute mobilitazioni, tra l’altro grazie ai social. Nel marzo 2019, ad esempio, l'hashtag "Vogliamo vivere" è diventato virale. Per tre giorni, migliaia di giovani hanno manifestato contro le tasse e la povertà. Pensando che le proteste si sarebbero indirizzate solo contro Israele e Fatah, Hamas ha inizialmente lasciato che si svolgessero, prima di scoprire di essere l'obiettivo dei manifestanti e di reprimerle violentemente.

Per quasi vent'anni, lo stato di guerra permanente tra Israele e Gaza ha permesso ad Hamas di consolidare il proprio potere e di mettere a tacere qualunque dissenso. Nella primavera del 2021, quando le forze israeliane hanno preso d'assalto la moschea di al-Aqsa a Gerusalemme, si è scatenata la rivolta di un'intera generazione di giovani. Per la prima volta su tale scala, i giovani arabi israeliani si sono uniti alle rivolte dei quartieri occupati di Gerusalemme Est e dei campi profughi della Cisgiordania. In quell’occasione, con il lancio di razzi su Israele, Hamas ha imposto un confronto militare, soffocando questa rivolta giovanile mentre Israele bombardava nuovamente Gaza. Nello stesso Israele, la crescente protesta dei giovani arabi israeliani contro le vessazioni a cui erano sottoposti fu anch'essa soffocata. Le politiche di Hamas non servono gli interessi delle masse oppresse della regione. La popolazione di Gaza sta pagando a caro prezzo le sue ciniche manovre. I dirigenti di Hamas hanno deciso l’azione del 7 ottobre sapendo bene che avrebbe provocato da parte di Israele la risposta che ha trasformato Gaza in un campo di rovine e portato al bagno di sangue che è costato la vita a migliaia di civili. La sua posizione bellicosa e la sua facciata radicale mirano ad affermarsi come rappresentante esclusivo dei palestinesi e a imporsi come unico interlocutore delle grandi potenze e di Israele, qualunque sia il prezzo pagato dalla popolazione.

Hamas non vuole essere l'espressione della rivolta delle masse oppresse, anzi la teme. Eppure è proprio questa rivolta che può aprire un futuro se si pone l’obiettivo di rovesciare l'ordine imperialista che, facendo leva su tutte le divisioni religiose, nazionali e politiche, sta trascinando i popoli nella barbarie e in un conflitto senza fine.

L W