La grande stampa e i notiziari televisivi hanno praticamente ignorato la manifestazione organizzata dal sindacalismo di base il 3 dicembre scorso a Roma. Non sorprende: siamo abituati al modo in cui il giornalismo "libero" fa informazione. Per i direttori delle più "prestigiose" testate esiste solo ciò che è plausibile che esista nel loro mondo e nella loro testa. Per questa gente, la lotta di classe, non può esistere, nemmeno in scala ridotta. Al massimo possono esserci singoli episodi di fabbriche occupate o la protesta di qualche categoria, ma un corteo di lavoratori che si identificano in un interesse collettivo, di classe, appunto, è roba da secolo scorso. Quindi, non esiste.
La notizia era questa: il 2 dicembre giornata di sciopero generale indetta da diverse sigle del sindacalismo di base e il 3 la protesta trovava una prima conclusione nella manifestazione di Roma.
I promotori della lotta hanno rivendicato aumenti salariali che compensino il crescente caro-vita, anche introducendo un meccanismo di adeguamento automatico dei salari all'incremento dei prezzi. Anche la difesa del reddito di cittadinanza dagli attacchi di un governo che ha deciso di fare la guerra ai poveri era negli obiettivi della protesta. Ma, assieme alle rivendicazioni economiche, gli organizzatori hanno indicato nella guerra e nelle spese di guerra un altro ostacolo da abbattere da parte del movimento operaio.
Si può capire che, al di là della bontà degli obiettivi agitati, ci sia dello scetticismo nei confronti dei sindacati di base. Settarismo e spirito di bottega hanno sempre impedito un allargamento della loro influenza a settori più vasti della classe lavoratrice. Ma resta il fatto che il sindacalismo di base ha indicato all'insieme dei lavoratori la strada per uscire dalla rassegnazione e dal fatalismo.
Che cosa dire delle giornate di sciopero promosse da Cgil e Uil a metà dicembre, evitando scrupolosamente di concentrare le forze in un'unica giornata di lotta? Diciamo che è da sperare che l'adesione allo sciopero esprima, anche in questo caso, la volontà di lotta dei lavoratori. Ma per quanto riguarda la piattaforma con la quale i sindacati promotori chiamano allo sciopero, si tratta di una specie di lamentela sulla Legge di bilancio che "non serve alle persone e al paese per fronteggiare la grave situazione di difficoltà in atto...". Non è enunciata nessuna rivendicazione salariale generale, non si incoraggiano i lavoratori a considerare legittimi i propri interessi e la lotta per difenderli.
Con i loro milioni di iscritti, i sindacati confederali hanno sicuramente un peso molto più grande di quelli di base e la possibilità di farsi ascoltare e di mobilitare molti più lavoratori. Ma questa forza fa paura in primo luogo agli stessi dirigenti sindacali, che preferiscono illudersi di contare qualcosa nei meccanismi decisionali dell'economia, in garbata polemica con i governanti di turno, piuttosto che assumersi la responsabilità di un vasto e prolungato movimento di lotte operaie.
R. Corsini