È dal 2013 che ogni anno si chiude con un numero di morti sul lavoro non inferiore ai mille.
Alla fine di luglio, dati Inail, erano già 559. Cinque giorni dopo la strage degli operai della manutenzione ferroviaria a Brandizzo del 30 agosto, c’erano già stati altri 7 morti.
Secondo l’Osservatorio di Bologna sui morti sul lavoro, al 4 settembre il numero complessivo delle vittime del lavoro, contando anche gli infortuni in itinere e gli operai in nero e quindi non assicurati, erano 966. non ci sono dubbi, a questo punto, che nonostante tutte le dichiarazioni ufficiali e i discorsi altisonanti sulla “inammissibilità” delle morti sul lavoro, il bilancio del 2023 si concluderà con un loro incremento rispetto ai 1090 del 2022.
La pressione esercitata sugli operai dai contratti d’appalto o semplicemente la fretta di consegnare un lavoro in tempo per non pagare penali, la concorrenza esasperata tra imprese, tutti questi fattori stanno dietro agli infortuni sul lavoro. Più in generale è la rincorsa al profitto, alla sua realizzazione, la prima responsabile. Poiché le istituzioni statali riflettono le caratteristiche del capitalismo italiano e gli interessi degli innumerevoli imprenditori, non si dotano degli strumenti necessari né per assicurarsi che venga fornita ai lavoratori una reale formazione antinfortunistica, né per sorvegliare che si lavori adottando tutte le precauzioni necessarie. Questo avallo oggettivo agli omicidi bianchi passa da molte strade. Basti pensare al numero sempre largamente insufficiente di ispettori del lavoro o all’esenzione di fatto, nella responsabilità dei controlli, delle imprese committenti rispetto alle ditte che acquisiscono appalti e subappalti.
Uno degli “eroi” dell’economia italiana, per come ci viene raccontata la storia, è l’imprenditore che si arrangia svicolando e destreggiandosi tra normative e leggi. È il nemico della paralizzante “burocrazia”, che riesce nonostante tutto a “fare impresa” e a “dare lavoro”. Ma l’osservanza di norme e leggi, cominciando dalle prescrizioni tecniche delle case produttrici di macchine utensili, non è solo un affare di scartoffie burocratiche. Spesso si tratta di preservare l’incolumità di chi lavora.
R.Corsini