Aumento di spese militari e aumento del divario tra classi sociali scorrono su binari paralleli. Una cosa non contraddice l'altra, anzi entrambe sono lo specchio del sistema di produzione capitalistico, che non smette di produrre disastri ovunque nel mondo
Da anni sentiamo ripetere che la finanza pubblica non ha risorse. Che la sanità sia al collasso, è un fatto sotto gli occhi di tutti: pronto soccorso inadeguati, con file di giornate intere per ottenere assistenza; servizi sul territorio mai implementati, nemmeno dopo che la pandemia ne aveva evidenziato drammaticamente le carenze; mancanza di medici negli ospedali, rimpiazzati con prestazioni a gettone; prestazioni specialistiche ormai quasi impossibili, con attese di mesi o piuttosto nemmeno disponibili. Non ci sono soldi per guarire le persone, non ci sono soldi per i servizi scolastici: per diminuire le classi sovraffollate; per mettere a norma edifici che crollano; per sostenere gli studenti svantaggiati, con problemi di apprendimento o difficoltà nella lingua. Non ci sono soldi per l'assistenza sociale, e dall'ultimo governo sono stati negati anche i soldi per il reddito di cittadinanza: essere in miseria non basta più per avere un sostegno al reddito, per cui saranno almeno 500.000 in più le famiglie che si troveranno esposte a povertà estrema ed esclusione sociale. Caso mai, i soldi tolti a loro sono serviti per abbassare le tasse ai più ricchi. In sostanza i soldi mancano sempre quando sono in ballo i bisogni delle persone: in questo caso nel nostro Paese, ma allo stesso modo nel resto del mondo.
Eppure. Eppure, secondo uno studio di Greenpeace pubblicato a fine 2023, "Nell’ultimo decennio, la spesa per le armi nei Paesi NATO della UE è cresciuta quattordici volte più del loro Pil complessivo. In Italia la spesa per i nuovi sistemi d’arma è passata da 2,5 miliardi di euro a 5,9 miliardi ". Questo dopo la crisi finanziaria del 2008-2011, che - oltre ad aver peggiorato ovunque le condizioni della popolazione - si è conclusa con un nulla di fatto, perché le speculazioni finanziarie hanno ripreso vigore come e più di prima, e dopo la crisi pandemica, che ha prodotto nuovi miliardari e innumerevoli nuovi poveri praticamente in tutti i Paesi. Anzi, si direbbe che le crisi alimentino la competizione tra Stati perché con la guerra, si sa, non ci si contendono solo territori ma anche mercati, risorse del suolo, accessi ai porti, etc. E tutto a scapito unicamente delle popolazioni coinvolte, cooptate nelle guerre del capitale con i pretesti più svariati, ma ruotanti generalmente intorno al nazionalismo, alle religioni, all'odio tribale, all'odio etnico.
Vertici come quello annuale di Davos, teoricamente convocato al fine di "promuovere la cooperazione globale" suonano davvero come uno schiaffo alle persone che vivono unicamente del loro lavoro, e servono soltanto ad accertare ogni volta l'impotenza di chi intende dirigere le politiche economiche del mondo, le politiche sulla valutazione dei cambiamenti climatici, le scelte di pace o di guerra. Di fatto questa assise, per assicurarsi il diritto alla quale i partecipanti sborsano circa 50.000 dollari l'anno, che si apre ogni volta esibendo grandi propositi di facciata - ipocriti, e tutti lo sanno - non offre niente di più che uno spazio per fare affari insieme all'incapacità di affrontare i veri problemi dell'umanità. Come tradizionalmente ogni anno, ha uno spazio nel simposio l'organizzazione non governativa Oxfam, che si occupa di progetti sociali per la riduzione della povertà, e come ogni anno Oxfam non può che rilevare con i numeri l'aumento di miseria e diseguaglianze. Il rapporto di quest'anno infatti ha un titolo emblematico: "La diseguaglianza non conosce crisi". In effetti, secondo lo studio, nel biennio della pandemia 2020-2021 l'1% più ricco della popolazione mondiale ha accresciuto il propri patrimoni di 26.000 miliardi di dollari in termini reali. Nello stesso tempo, "almeno 1,7 miliardi di lavoratori vivono in Paesi in cui l’inflazione supera l’incremento medio dei salari e oltre 820 milioni di persone – circa 1 persona su 10 sulla Terra – soffrono la fame". Quindi questo infimo 1% di abitanti della Terra fa incetta del 63% delle ricchezze, lasciando al restante 99% soltanto il 37% rimanente. Secondo la Banca Mondiale, "stiamo probabilmente assistendo al più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra".
L'Italia non fa eccezione, anzi: a fine 2022, l’1% più ricco era in possesso di una ricchezza 84 volte superiore a quella del 20% più povero della popolazione. Quanto a diseguaglianze, il nostro Paese si fregia di essere agli ultimi posti in UE per distribuzione egalitaria del reddito, vuoi per i salari particolarmente bassi, vuoi per le scelte fiscali, che affidano i prelievi di preferenza su gettiti sicuri, appunto sui redditi da lavoro dipendente. Malgrado la quota del reddito da lavoro dipendente sul PIL sia in calo almeno dagli anni '70, il prelievo da lavoro è più del triplo di quello su profitti, rendite ed interessi (Fonte: Rapporto Oxfam 2024).
Aemme