Spazzare via il capitalismo per spazzare via le guerre

 

Nei rapporti tra gli Stati di tutto il mondo è in atto da tempo una crisi. Le cause principali di questa crisi stanno nel cambiamento dei rapporti di forza reciproci, principalmente sul piano economico. Un mutamento maturato negli ultimi decenni, che ora si salda con una una crisi del capitalismo mondiale preso nel suo insieme. A questi processi vanno ricondotti in modo particolare i conflitti in atto e il fatto che i governi, iniziando da quelli più “democratici” e più “pacifici”, si stanno abituando a considerare la guerra come un’eventualità praticabile della propria politica estera. Da qui anche la ripresa di correnti nazionaliste e guerrafondaie in molti paesi.

La spesa militare globale è aumentata per l’ottavo anno di seguito e ha raggiunto, 2240 miliardi di dollari nel 2022. Le dottrine adottate dai vari centri direttivi militari si sono adeguate al nuovo scenario o si stanno adeguando. Tutto ci dice che le classi dirigenti ci stanno spingendo verso l’abisso della guerra.

La grande borghesia finanziaria, detentrice reale del potere in tutto il mondo, rappresenta oggi un pericolo concreto anche per quella parte di umanità che fino ad oggi sembrava immune al contagio della guerra. È per garantire i suoi profitti che, con la servile collaborazione degli uomini di governo, si mandano al macello decine di migliaia di giovani ucraini e russi.

Anche la guerra di Israele contro i palestinesi diventa una pedina in questa complicata partita. In questo caso, oltre all’America e alle altre potenze imperialiste, per conto delle quali Israele ha sempre giocato il ruolo di fiduciario e di gendarme, si muovono l’Iran, l’Arabia Saudita, il Qatar...ognuna con propri scopi e tutte fingendo di lottare contro l’oppressione del popolo palestinese.

Come aumentano le spese militari, così aumenta di importanza quella che un borghese doc, come il francese Pierre Conesa ha definito il “complesso militar-intellettuale”, cioè la batteria di commentatori ed esperti a vario titolo che sono incaricati di convincere le opinioni pubbliche dei vari paesi della giustezza di questa o quella guerra, della necessità di appoggiarla o dell’urgenza di adeguare l’apparato bellico nazionale.

Fabbricare nemici è una delle specialità di questa gente. A un certo punto, si presenta un intero popolo come un nemico. Così è successo nel conflitto israelo-palestinese, dove all’odio di Hamas nei confronti degli ebrei corrisponde quello contro i palestinesi propagandato dal governo israeliano.

Anche i migranti, che hanno il solo torto di considerare sé stessi degni di una vita umana, diventano spesso l’obiettivo di campagne politiche in cui si pretende di difendere, attraverso la loro detenzione, il loro respingimento o il loro abbandono in mare, i “confini nazionali”.

Ma nella posizione di chi arriva coi barconi o attraversando le foreste dei Balcani, nella posizione dei palestinesi bombardati a Gaza o degli israeliani attaccati dai razzi o dalle incursioni di Hamas, ci potranno essere domani anche i popoli d’Europa. Non esistono isole felici e non ha nessun senso sperare che le classi dirigenti europee, che hanno dato prova del più completo cinismo contro gli “stranieri”, riservino un trattamento migliore ai propri popoli quando se ne presenterà l’urgenza.

Mille motivi stanno spingendo il mondo verso il baratro della guerra. Ma sono tutti motivi che hanno a che fare con l’acquisizione di nuove zone d’influenza, con la difesa e l’aumento di profitti già favolosi, con l’accaparramento di nuovi mercati, col rafforzamento delle varie cricche che presidiano i poteri statali. Non c’è invece un motivo che interessi la vita, la sicurezza e le aspirazioni delle classi lavoratrici e, in generale, delle masse della popolari.

La vecchia parola d’ordine del comunismo rivoluzionario, “Proletari di tutti i paesi unitevi!” indica a chi cerca la via di uno sviluppo pacifico e di una pace duratura per l’umanità, l’unica via possibile. I rumori di guerra tornano a proporre ai popoli il quesito se continuare a giocare le proprie vite sull’altare dei profitti e della sete di potere altrui o se detronizzare la grande borghesia dal potere e costruire un nuovo tipo di società, contro tutte le borghesie e tutti i governi del mondo, cominciando da quello di casa propria.