Mondiale di calcio: il capitalismo più marcio che mai

Il capitalismo ha trasformato lo sport, e il calcio in particolare, in un grande affare di soldi. I club, gli sponsor e persino i giocatori guadagnano milioni. Ogni competizione globale mette in gioco miliardi di dollari, che finiscono nelle casse dei produttori di cemento o di attrezzature varie, dei canali televisivi, delle società pubblicitarie, degli alberghi, delle compagnie aeree, ecc.

Tutto questo è noto da tempo. Ma quest'anno i Mondiali di calcio svoltisi in Qatar hanno portato questa logica capitalista a nuove vette di assurdità e di volgarità.

Il Qatar è una creazione dell'imperialismo britannico. I suoi confini sono stati tracciati a metà degli anni Trenta, dopo la scoperta dei primi giacimenti petroliferi, in modo da garantire il controllo delle compagnie occidentali sugli idrocarburi della regione.

Le chiavi di questo pozzo di miliardi furono poi affidate al clan al-Thani, una dinastia ancora al potere oggi. Le grandi compagnie petrolifere continuano a trarne profitto e la famiglia principesca è ora a capo di un fondo che vale più di 400 miliardi di euro. L'assegnazione della Coppa è stata il risultato di una combinazione organizzata dall'ex presidente della Repubblica francese Sarkozy e il dirigente della Fifa Michel Platini, in cambio dell'acquisto di aerei militari da parte dei dirigenti del Qatar per oltre sei miliardi di euro, a cui si aggiungeva probabilmente il pagamento di sostanziali tangenti. Era un jackpot garantito per la FIFA e per tutti i capitalisti in cerca di un buon affare.

L'accordo offriva opportunità d'oro per le ditte edilizie in grado di costruire stadi o alberghi di lusso. E non sono rimaste deluse, perché il Qatar ha speso ben 220 miliardi di euro, mentre una precedente e già costosa Coppa in Russia sarebbe costata "solo" 14 miliardi. L'emirato ha fatto uscire dalle sabbie del deserto una nuova città, delle strade e sette magnifici stadi, che probabilmente saranno tutti inutili dopo la competizione. E poiché non ha la capacità alberghiera per ospitare tutti i tifosi, ha pianificato un trasporto aereo giornaliero con il Kuwait e Abu Dhabi.

In un momento in cui i dirigenti mondiali chiedono alla gente comune di fare sacrifici per ridurre le emissioni di gas serra, e in un momento in cui il mondo sta sprofondando nella guerra, nella crisi climatica e nella carestia per alcuni paesi, questo è assurdo e rivoltante.

"Era necessario dare la Coppa al mondo arabo", si giustifica la FIFA. È un brutto scherzo, perché la FIFA non ha fatto un favore a nessuno. Ha venduto la Coppa a una petro-monarchia in cui i bisogni e lo stile di vita dei 350.000 cittadini del Qatar sono assicurati da due milioni di lavoratori stranieri provenienti da India, Nepal, Bangladesh o Filippine. Quanto ai dirigenti del Qatar, se ne fregano completamente delle popolazioni del mondo arabo. Per il clan dell'emiro al-Thani, egiziani, siriani, iracheni o sudanesi sono soprattutto carne da sfruttare. Inoltre, governa con il pugno di ferro sugli abitanti del suo Paese, basandosi su una pratica rigorosa dell'Islam per opprimere le donne e perseguitare i gay. E, come sempre, sono i lavoratori e i più poveri a subire la dittatura più feroce.

In Qatar, ai lavoratori che costruiscono questo paradiso per principi e ricconi viene negato ogni diritto. Le loro condizioni di lavoro illustrano cosa sia la schiavitù salariale, nel vero senso del termine. Indebitati e minacciati di espulsione alla minima protesta, gli operai sono costretti a lavorare con temperature superiori ai 40 gradi, a volte per 12 ore al giorno, sette giorni su sette, talvolta con cibo e acqua razionati. Tutto questo per ottenere dai 200 ai 300 euro al mese, quando il loro padrone non sparisce nel deserto al momento di pagare il tanto atteso stipendio.

Secondo un'inchiesta del quotidiano The Guardian, negli ultimi dieci anni in Qatar sono morti più di 6.500 lavoratori, mentre il paese riconosce solo tre incidenti sul lavoro! Questi lavoratori nepalesi, indiani ed egiziani sono stati vittime non solo di un diritto del lavoro medievale che incatena il lavoratore al suo padrone, ma anche della rapacità dei capitalisti locali.

Il calcio, i giocatori e i tifosi non c'entrano niente con questi affaroni, mentre i profitti di alcuni grandi capitalisti sono arrossati dal sangue dei lavoratori morti in questi cantieri. Il capitalismo "nasce sudando sangue e fango da ogni poro", scriveva Karl Marx. Il modo in cui è stata organizzata questa Coppa del Mondo dimostra che è ancora così.

N.A.