Lo Stato di Israele, strumento dell'imperialismo nel Medio oriente

Gli Stati imperialisti che dominano il mondo sostengono Israele, e lo fanno nella sua guerra contro Gaza. La potenza militare israeliana risulta in gran parte dagli aiuti americani, sia militari che finanziari. Ma da parte delle grandi potenze e in particolare degli Stati Uniti, il motivo di questo sostegno non è la difesa della democrazia dal terrorismo oppure del diritto all'esistenza del popolo ebraico, bensì la difesa dell'ordine imperialista, di cui Israele è diventato il braccio armato in questa parte del mondo.

Questo non è accaduto da un giorno all'altro. Il Medio Oriente, precedentemente sotto la dominazione ottomana, è passato sotto quella della Francia e della Gran Bretagna dopo la Prima Guerra Mondiale. Queste ultime hanno tracciato i confini a loro piacimento, reprimendo ferocemente i sentimenti nazionali delle popolazioni. Allo stesso tempo, a partire dal 1917, l'imperialismo britannico incoraggiò l'immigrazione ebraica in Palestina, considerandola un possibile contrappeso alla crescente influenza dei nazionalisti arabi.

Il movimento sionista, che sosteneva l'insediamento degli ebrei in Palestina, rappresentò all'inizio una piccolissima minoranza, ma assunse una nuova risonanza con la Seconda guerra mondiale e lo sterminio degli ebrei europei. Per i sopravvissuti, la cui intera famiglia, il passato e i legami erano scomparsi, trasferirsi in Palestina e costruire lì uno Stato ebraico apparve l'unica soluzione. Centinaia di migliaia di loro partirono per il Medio Oriente, senza alcun aiuto da parte delle grandi potenze e persino contro la loro volontà, in particolare quella della Gran Bretagna, che ancora controllava la Palestina.

Dal movimento sionista alla creazione di Israele

Per conquistare un Paese e uno Stato, i militanti sionisti non utilizzarono solo la diplomazia, ma crearono gruppi armati e compirono attentati. Alla fine, la Gran Bretagna consegnò il suo mandato alle Nazioni Unite nel febbraio 1947. Poi, a novembre, l'ONU votò, in accordo con tutte le maggiori potenze, compresa l'URSS di Stalin, la divisione della Palestina tra uno Stato ebraico e uno Stato arabo. Entrambe le parti rifiutarono di accettare questa divisione e iniziò la prima guerra tra le milizie sioniste e gli Stati arabi confinanti, durante la quale fu proclamata la creazione dello Stato di Israele il 14 maggio 1948. La guerra si concluse a novembre con l'ampliamento del territorio israeliano e il suo riconoscimento de facto da parte delle grandi potenze. Invece lo Stato arabo palestinese progettato non vide mai la luce, poiché la parte restante della Cisgiordania e di Gaza fu occupata dalla Giordania e dall'Egitto.

In realtà in Palestina c'era posto per i due popoli, sia gli arabi palestinesi che gli ebrei in fuga dall'Europa dopo i massacri nazisti. Ma i dirigenti volevano uno Stato per i soli ebrei. Da molti villaggi palestinesi la popolazione fu espulsa, costretta ad andarsene e a stabilirsi in campi dove tuttora vivono i loro discendenti, in Libano, Giordania o nella Striscia di Gaza. Qualunque fossero le pretese socialiste di molti giovani pionieri israeliani, il loro entusiasmo e la loro fede, la preoccupazione dei dirigenti sionisti dell'epoca era innanzitutto di costruire uno Stato contro i palestinesi. Lo fecero persino contro la volontà di tutti i popoli della regione e colsero la prima occasione per dimostrarlo al mondo. Dopo che l'Egitto di Nasser nazionalizzò il Canale di Suez il 26 luglio 1956, Francia e Gran Bretagna inviarono delle truppe per opporvisi. Israele partecipò all'operazione militare, guadagnandosi i galloni di difensore dell'ordine imperialista nella regione.

Ala armata dell'imperialismo

Di nuovo, durante la guerra del giugno 1967 (Guerra di sei giorni) Israele colpì l'Egitto e la Siria e le loro politiche nazionaliste, e occupò nuovi territori arabi. Da quel momento, nel corso di molteplici guerre contro i suoi vicini e reprimendo sistematicamente la popolazione palestinese, i governi di Israele hanno deliberatamente posto il loro Paese nella posizione di un campo assediato, anche se vittorioso. Questo è ciò che lo rende così prezioso per i governanti imperialisti e così utile per aiutarli a dominare questa regione strategicamente ed economicamente importante. Le dittature dei Paesi arabi, anche se impegnate a favore dell'imperialismo, sono fragili e sempre in balia di un'esplosione della loro popolazione povera, o addirittura di una rivoluzione. Lo Stato di Israele, invece, conta su una popolazione convinta della necessità vitale di collocarsi nel campo occidentale e pronta a combattere per questo. Quindi, considerato come facendo parte di questo campo per natura, ha sempre beneficiato di abbondanti aiuti finanziari e militari da parte dell'imperialismo e ha sostenuto tutte le sue esazioni.

In cambio, i dirigenti imperialisti diedero mano libera ai governi israeliani e raccontarono la storia a modo loro. In Italia o Francia, Gran Bretagna o Stati Uniti, dove l'antisemitismo era da tempo all'ordine del giorno, la scoperta dell'orrore dei campi di concentramento non turbò la società per 25 anni. Ma quando la sicurezza dei giacimenti petroliferi divenne cruciale di fronte a regimi arabi instabili mentre l'esercito di Israele si mostrava in grado di minacciare l'intero Medio Oriente, le potenze imperialiste scoprirono di essere grandi protettrici del diritto all'esistenza del popolo ebraico. Lo sterminio nei campi nazisti fu ribattezzato con il termine religioso di olocausto per cancellare le vere ragioni del massacro, cioè di essere stato il prodotto di una società capitalista in crisi. Il sostegno incondizionato a Israele, qualunque cosa facesse il suo governo, diventò caratteristica costante della politica dei dirigenti occidentali, come dimostra ancora una volta l'attuale ondata filo-israeliana.

I dirigenti dell'imperialismo e i loro portavoce non difendono gli ebrei armando Israele. Stanno difendendo il loro ordine e per questo hanno anche bisogno della permanenza del conflitto israelo – arabo. Non gli importa che questo sia a costo di vite palestinesi e anche di vite israeliane.

P G