Crepare di caldo per il profitto

È successo giovedì 21 luglio alla Dana Graziano di Rivoli: Luca Capelli, operaio, 61 anni, stava lavorando dietro a una macchina per produrre sincronizzatori, ha avuto un infarto. È caduto a terra, ha sbattuto la testa ed è morto. La causa principale sono state le alte temperature dentro lo stabilimento, viste quelle esterne...

Chi lavora in fabbrica, nei cantieri, nei campi sa bene che il troppo caldo è pericoloso per la propria vita, ci si sente mancare, ci vuole poco ad avere un malore. Il buon senso vorrebbe che nelle ore più calde si fermassero i lavori nei cantieri, nei campi e che nelle fabbriche dove i macchinari scaldano ulteriormente l’ambiente ci fossero dei sistemi di areazione in grado

di regolare il microclima e permettere il ricambio dell’aria. Il buon senso vorrebbe che con queste temperature il numero di pause e la loro durata venisse aumentata, che fosse dato modo ai lavoratori di potersi rinfrescare più spesso, di bere, e lavorare a ritmi meno elevati.

Ma il profitto non ha niente a che vedere con il buon senso e la salvaguardia della salute delle persone che lavorano. Quando fa comodo si fanno i fermi produttivi, si mettono in cassa-integrazione gli operai a scapito del loro salario, quando la produzione tira allora non c’è limite che tenga e gli operai possono pure crepare di caldo. A 61 anni Luca Capelli avrebbe dovuto essere in pensione come tanti lavoratori ormai usurati dopo anni di lavoro che vengono ancora spremuti come bestie da soma. Questa è la logica del profitto.

Corrispondenza Torino