Il disastro ferroviario del 12 luglio in Puglia, che ha causato la morte di 23 persone e il ferimento di altre 52, è già stato ampiamente commentato dalla stampa, che ha messo in rilievo l’arretratezza dei sistemi di distanziamento dei treni, ancora affidati al “blocco telefonico”, nella tratta a semplice binario dove si è verificato lo scontro frontale fra due treni.
I “colpevoli” sono già stati individuati. Come nel caso analogo avvenuto in Baviera lo scorso febbraio, si tratta del famoso “errore umano” per il quale pagheranno, presumibilmente, i capistazione di Andria e di Corato. Naturalmente, passa in secondo piano la lentezza con la quale si procede ad un adeguamento delle linee ferroviarie ai moderni sistemi di protezione della marcia dei treni, pensati proprio per ridurre drasticamente le conseguenze di inevitabili errori umani. E passa in secondo piano il fatto che i sistemi antiquati come quello del blocco telefonico, pensati per un’epoca nella quale su quei binari marciavano meno treni e a velocità più ridotta, diventano ancora più rischiosi in una linea ad alta frequentazione.
È vero che questo tema è stato dibattuto sui giornali o in televisione ed è stato oggetto di polemiche politiche, ma è facilmente prevedibile che fra poco tempo non se ne sentirà più parlare. Fino al prossimo disastro.
Ma la sicurezza del trasporto ferroviario nel suo complesso non può essere ostaggio di polemiche occasionali e di commenti da talk-show. La stessa osservazione dei servizi mandati in onda non appena si è saputo della tragedia, ci mostrava altre falle nel sistema di sicurezza. Colpiva ad esempio che i primi reporter inviati riferivano delle difficoltà nelle comunicazioni telefoniche per la scarsa o nulla copertura di quel tratto di linea, ma soprattutto, le immagini riprese dagli elicotteri mostravano che l’incidente è avvenuto in mezzo a un terreno coltivato, senza una via d’accesso ai binari per le ambulanze e gli altri mezzi di soccorso. La domanda che ci si deve porre è: quanti tratti di linea presentano le stesse lacune nella sicurezza? Ogni ferroviere potrebbe rispondere con un elenco nutrito, ricavato dalla propria esperienza personale.
La vita di chi si serve del treno e di chi ci lavora sopra non sarà mai adeguatamente tutelata fintanto che dipenderà da logiche di taglio dei costi e di aumento dei profitti. E al di là degli impegni di facciata, le imprese ferroviarie hanno sempre opposto la resistenza più accanita quando i ferrovieri hanno lottato contro procedure, modelli organizzativi, tipologie di materiale rotabile, condizioni delle linee, che espongono se stessi e i viaggiatori a rischi inaccettabili.