La questione ucraina, di Lev Trotsky

Lev Trotsky

La questione ucraina

Traduzione rivista e corretta nel marzo 2022 dal testo russo originale pubblicato nel Bollettino dell’opposizione n° 77 – 78 dell’aprile 1939. Le note sono quelle della sezione francese del sito marxists.org

La questione ucraina, che molti governi e molti “socialisti” e persino “comunisti” hanno cercato di dimenticare o di relegare nel profondo della storia, ora è di nuovo posta all’ordine del giorno con forza raddoppiata. Il nuovo aggravamento della questione ucraina è strettamente legato alla degenerazione dell’Unione Sovietica e del Comintern, ai successi del fascismo e all’avvicinarsi di una nuova guerra imperialista [1]. Crocifissa tra quattro stati, l’Ucraina occupa ora nel destino dell’Europa la stessa posizione che occupava la Polonia in passato, con la differenza che le relazioni mondiali sono ora incommensurabilmente più tese e che i ritmi degli avvenimenti si sono accelerati. La questione ucraina è destinata a giocare un ruolo enorme nella vita dell’Europa nel prossimo futuro. Non è senza motivi che Hitler ha fatto tanto clamore sulla creazione di una “Grande Ucraina” e nello stesso modo non è senza motivi che poi si è affrettato a seppellire furtivamente la questione.[2]

La Seconda Internazionale, che esprimeva gli interessi della burocrazia e dell’aristocrazia operaia degli stati imperialisti, ignorò completamente la questione ucraina. Anche la sua ala sinistra non vi ha mai prestato la necessaria attenzione. Basti ricordare che Rosa Luxemburg, con la sua mente brillante e il suo spirito genuinamente rivoluzionario, ritenne possibile dichiarare che la questione ucraina era l’invenzione di un pugno di intellettuali. Questa posizione lasciò un segno profondo anche nel Partito Comunista Polacco. La questione ucraina era considerata dai capi ufficiali della sezione polacca del Comintern non tanto un problema rivoluzionario, quanto una seccatura. Da qui i continui tentativi opportunisti di evitare la questione, di ignorarla o di rimandarla ad un futuro indefinito.

Non fu senza difficoltà che il partito bolscevico imparò, solo gradualmente e sotto la costante pressione di Lenin, l’atteggiamento corretto sulla questione ucraina. Lenin considerava che il diritto all’autodeterminazione, cioè alla secessione, valeva sia per gli ucraini che per i polacchi. Per lui non esistevano nazioni aristocratiche e qualsiasi tendenza a nascondere o rinviare il problema di una nazionalità oppressa era considerata come una manifestazione dello sciovinismo grande-russo.

Dopo la conquista del potere, una seria lotta si svolse all’interno del partito sul modo di risolvere i numerosi problemi nazionali ereditati dalla vecchia Russia. Come commissario del popolo alle nazionalità, Stalin rappresentava invariabilmente la tendenza più centralista e burocratica. Fu particolarmente chiaro nella questione della Georgia e nella questione dell’Ucraina. La corrispondenza a quel proposito non è stata ancora pubblicata. Speriamo di poterne pubblicare una parte -quel poco che abbiamo a disposizione [3]. Da ogni riga delle lettere e delle proposte di Lenin emergeva il desiderio di dare in tutta la misura possibile dei diritti a quelle nazionalità che erano state oppresse in passato. Al contrario, le proposte e le dichiarazioni di Stalin riflettevano invariabilmente una tendenza al centralismo burocratico. Per garantire “le necessità amministrative”, cioè gli interessi della burocrazia, le rivendicazioni più legittime delle nazionalità oppresse erano considerate come manifestazioni di nazionalismo piccolo-borghese. Tutti questi sintomi erano già presenti dal 1922-23. Da allora si sono sviluppati mostruosamente e hanno portato ad un soffocamento completo di qualunque sviluppo nazionale indipendente dei popoli dell’URSS.

Secondo il vecchio partito bolscevico, l’Ucraina sovietica doveva diventare un forte perno attorno al quale il resto del popolo ucraino si sarebbe unito. Non c’è dubbio che nel primo periodo della sua esistenza l’Ucraina sovietica sviluppò una forte potenza attrattiva anche in termini nazionali e svegliò alla lotta gli operai, i contadini e l’intellighenzia rivoluzionaria dell’Ucraina occidentale, che era asservita alla Polonia. Durante gli anni della reazione termidoriana, tuttavia, la situazione dell’Ucraina sovietica, e allo stesso tempo il modo di porre la questione ucraina nel suo complesso, cambiarono completamente. Più profonde erano state le speranze risvegliate, più forte fu la delusione. Anche nella grande Russia la burocrazia stava strangolando e derubando il popolo. Ma in Ucraina le cose furono complicate dall’annientamento delle speranze nazionali. In nessun altro luogo le misure restrittive, le purghe, le repressioni e in generale tutti i tipi di teppismo burocratico raggiunsero una tale portata omicida come in Ucraina, contro le potenti aspirazioni, fortemente radicate, delle masse ucraine per una maggiore libertà e indipendenza. L’Ucraina sovietica divenne per la burocrazia totalitaria una sezione amministrativa di un’entità economica e una base militare dell’URSS. Se è vero che la burocrazia stalinista ha eretto monumenti a Shevchenko [4], è solo per schiacciare il popolo ucraino con il suo peso e fargli cantare nella lingua di Kobzar [5] lodi alla cricca di saccheggiatori del Cremlino.

Per quanto riguarda la parte dell’Ucraina rimasta oltre i confini sovietici, il Cremlino la tratta ora come tutti i popoli oppressi, tutte le colonie e semicolonie, cioè come merce di scambio nelle sue combinazioni internazionali con i governi imperialisti. Al recente 18° Congresso del “partito” di Stalin, Manuilsky [6], uno dei più schifosi rinnegati del comunismo ucraino, ha chiarito apertamente che non solo l’URSS, ma anche il Comintern (“la piccola bottega”, come lo definiva Stalin) rifiuta di chiedere la liberazione dei popoli oppressi se i loro oppressori non sono nemici della cricca al potere a Mosca. L’India è ora difesa da Stalin, Dimitrov [7] e Manuilsky contro il Giappone, ma non contro l’Inghilterra. Ci si appresta a cedere per sempre l’Ucraina occidentale alla Polonia in cambio di un trattato diplomatico, che ora sembra vantaggioso per i burocrati del Cremlino: da tempo ormai, nella loro politica, non vanno oltre le combinazioni opportunistiche!

Non rimane traccia della precedente fiducia e simpatia delle masse dell’Ucraina occidentale per il Cremlino. Dall’ultima “pulizia” brigantesca in Ucraina, nessuno in Occidente vuole unirsi alla satrapia del Cremlino, che continua a chiamarsi Ucraina sovietica. Le masse operaie e contadine dell’Ucraina occidentale, della Bucovina e dei Carpazi sono confuse: a chi rivolgersi, cosa chiedere? Naturalmente, questa situazione fa slittare il ruolo dirigente nelle mani delle cricche ucraine più reazionarie, che esprimono il loro “nazionalismo” cercando di vendere il popolo ucraino all’uno o all’altro imperialismo in cambio della promessa di un’indipendenza fittizia. È su questa tragica confusione che Hitler basa la sua politica sulla questione ucraina. Un tempo si diceva: senza Stalin (cioè senza la politica assassina del Comintern in Germania) non ci sarebbe stato Hitler. A questo possiamo ora aggiungere: senza la violenza della burocrazia stalinista sull’Ucraina sovietica, non ci sarebbe stata la politica ucraina hitleriana.

Non analizzeremo qui i motivi che hanno spinto Hitler ad abbandonare, almeno per il momento, la parola d’ordine della Grande Ucraina. Questi motivi devono essere ricercati, da un lato nelle combinazioni fraudolenti dell’imperialismo tedesco, dall’altro nella paura di svegliare un diavolo che poi sarebbe difficile da affrontare. Hitler ha regalato l’Ucraina carpatica ai carnefici ungheresi [8]. Questo è stato fatto, se non con l’esplicita approvazione di Mosca, almeno nell’attesa di tale approvazione. È come se Hitler avesse detto a Stalin: “Se domani dovessi attaccare l’Ucraina sovietica, terrei l’Ucraina dei Carpazi nelle mie mani”. Come risposta Stalin, al 18° Congresso [9], ha difeso apertamente Hitler contro le calunnie delle “democrazie” occidentali. Hitler sta progettando un intervento in Ucraina? Niente affatto! Andare in guerra contro Hitler? Non ce n’è la minima ragione! Il trasferimento dell’Ucraina carpatica nelle mani dell’Ungheria è chiaramente interpretato da Stalin come un atto di pace [10]. Significa che parti del popolo ucraino sono diventate una merce di scambio per i calcoli internazionali del Cremlino.

La Quarta Internazionale deve essere chiaramente consapevole dell’enorme importanza della questione ucraina per il destino non solo dell’Europa sudorientale e orientale, ma di tutta l’Europa. È una nazione che ha dimostrato la sua vitalità, che è uguale per dimensioni alla popolazione della Francia, che occupa un territorio eccezionalmente ricco, che è anche estremamente importante in termini strategici. La questione del destino dell’Ucraina è posta pienamente. Serve una parola d’ordine chiara e precisa che risponda alla nuova situazione. Credo che attualmente questa parola d’ordine possa solo essere: per un’Ucraina sovietica unita, libera e indipendente, degli operai e contadini!

Questo programma è in contraddizione inconciliabile, prima di tutto, con gli interessi dei tre stati imperialisti: Polonia, Romania e Ungheria. Solo degli sciocchi pacifisti senza speranza possono credere che la liberazione e l’unificazione dell’Ucraina possano essere ottenute attraverso mezzi diplomatici pacifici, referendum, decisioni della Società delle Nazioni, ecc. Non valgono meglio, naturalmente, quei “nazionalisti” che intendono risolvere la questione ucraina servendo un imperialismo contro un altro. Hitler ha dato a questi avventurieri una lezione inestimabile consegnando (per quanto tempo?) l’Ucraina carpatica agli ungheresi, che sterminarono immediatamente un numero non indifferente di quelli ucraini fiduciosi. Per quanto l’esito possa dipendere dalla potenza militare degli stati imperialisti, la vittoria dell’uno o dell’altro potrebbe solo significare un nuovo smembramento del popolo ucraino e una schiavitù ancora più brutale. Il programma per l’indipendenza dell’Ucraina nell’epoca dell’imperialismo è direttamente e inestricabilmente legato a quello della rivoluzione proletaria. Sarebbe criminale farsi delle illusioni su questo.

Ma l’indipendenza di un’Ucraina unita significa la separazione dell’Ucraina sovietica dall’URSS! – esclameranno all’unisono gli “amici” del Cremlino. – Cosa c’è di così terribile? risponderemo da parte nostra. Il rispetto sacrosanto dei confini di Stato ci è estraneo. Non siamo a favore dell'”uno e indivisibile”. Dopo tutto, la stessa costituzione dell’URSS riconosce il diritto delle nazioni costituenti all’autodeterminazione, cioè alla secessione. Anche l’attuale oligarchia del Cremlino non osa negare questo principio. È vero, rimane solo sulla carta. Il minimo tentativo di sollevare apertamente la questione di un’Ucraina indipendente significherebbe un’esecuzione immediata con l’accusa di tradimento. Ma è questa disgustosa doppiezza, questa spietata persecuzione di ogni libero pensiero nazionale, che ha portato al fatto che le masse lavoratrici dell’Ucraina, ancor più che quelle della grande Russia, considerano il potere del Cremlino come una mostruosa oppressione. In una tale situazione interna non si può immaginare, naturalmente, un’adesione volontaria dell’Ucraina occidentale all’URSS così come è ora. L’unificazione dell’Ucraina presuppone quindi la liberazione della cosiddetta Ucraina sovietica da sotto lo stivale stalinista. La cricca bonapartista raccoglierà anche in questo caso ciò che ha seminato.

Ma questo significherebbe l’indebolimento militare dell’URSS? – si lamenteranno con orrore gli “amici del Cremlino”. L’indebolimento dell’URSS, rispondiamo, è causato dalle crescenti tendenze centrifughe che la dittatura bonapartista genera. In caso di guerra, l’odio delle masse contro la cricca al potere potrebbe portare alla distruzione di tutte le conquiste sociali dell’Ottobre. Il focolaio del disfattismo risiede al Cremlino. Un’Ucraina sovietica indipendente diventerebbe invece, anche solo in virtù dei propri interessi, un potente baluardo sud-occidentale dell’URSS. La secessione dell’Ucraina non significherebbe un indebolimento dei legami con le masse lavoratrici della grande Russia, ma solo un indebolimento del regime totalitario che la sta soffocando, così come tutti gli altri popoli dell’Unione. Quanto prima l’attuale casta bonapartista sarà minata, sciolta, spazzata via e schiacciata, tanto più forte sarà la difesa della Repubblica Sovietica, tanto più sicuro sarà il suo futuro socialista.

Naturalmente, un’Ucraina operaia e contadina indipendente potrebbe ulteriormente unirsi alla Federazione Sovietica, ma volontariamente, secondo condizioni che essa stessa troverebbe accettabili, il che presuppone a sua volta la rinascita rivoluzionaria dell’URSS stessa. L’effettiva liberazione del popolo ucraino è inconcepibile senza una rivoluzione o una serie di rivoluzioni in Occidente, che devono portare, alla fine, alla creazione degli Stati Uniti d’Europa sovietici. Un’Ucraina indipendente potrebbe raggiungere e senza dubbio raggiungerebbe questa Federazione come membro di pieno diritto. La rivoluzione proletaria in Europa a sua volta non lascerebbe in piedi nulla dell’orribile edificio del bonapartismo stalinista. In questo caso, l’unione più stretta tra gli Stati Uniti d’Europa sovietici e la rinata URSS sarebbe inevitabile e porterebbe immensi benefici al continente europeo e asiatico, compresa, naturalmente, l’Ucraina. Ma qui arriviamo a questioni di secondo e terzo ordine. La questione di prima importanza è la garanzia rivoluzionaria dell’unità e dell’indipendenza dell’Ucraina operaia e contadina, nella lotta contro l’imperialismo, da un lato, e contro il bonapartismo di Mosca, dall’altro.

L’Ucraina è particolarmente ricca di esperienza per quanto riguarda i falsi modi di combattere per la liberazione nazionale. Tutto è stato provato qui: la Rada piccolo-borghese, Skoropadsky e Petliura, l'”alleanza” con gli Hohenzollern, e le combinazioni con l’Intesa [11]. Chi, dopo tutti questi esperimenti, continua a sperare in una qualsiasi fazione della borghesia ucraina per dirigere la lotta nazionale liberatrice, è politicamente morto. Il proletariato ucraino non solo può risolvere la questione nazionale, rivoluzionaria nella sua stessa essenza, ma esso solo può prendere l’iniziativa di risolverla. Il proletariato, e solo esso, può riunire intorno a sé le masse contadine e l’intellighenzia nazionale veramente rivoluzionaria.

All’inizio dell’ultima guerra imperialista gli ucraini Melenevski (“Basok”) e Skoropis-Eltukhovsky [12] cercarono di mettere il movimento di liberazione ucraino sotto la protezione del generale degli Hohenzollern, Ludendorff [13], sotto la maschera di frasi di sinistra. I marxisti rivoluzionari buttarono fuori questi signori a calci nel sedere. Questo è ciò che i rivoluzionari devono continuare a fare. La guerra imminente crea un’atmosfera favorevole per tutti i tipi di avventurieri, cercatori di miracoli e cercatori del vello d’oro. A questi signori, soprattutto a quelli che amano scaldarsi le mani intorno alla questione nazionale, non si deve permettere di avvicinarsi al movimento operaio neanche di un passo. Non il minimo compromesso con l’imperialismo, che sia fascista e democratico! Non la minima concessione ai nazionalisti ucraini, clerico-reazionari o liberal-pacifisti. Niente “fronti popolari”! Totale indipendenza del partito proletario come avanguardia dei lavoratori!

Questa mi sembra la politica giusta sulla questione ucraina. Parlo qui a mio nome. La questione va aperta alla discussione internazionale. Il primo posto in questa discussione deve appartenere ai marxisti rivoluzionari ucraini [14]. Presteremo la massima attenzione alle loro voci. Ma si affrettino: rimane poco tempo per prepararsi!

L. Trotsky.

Pubblicato nel Bollettino dell’opposizione (bolscevichi-leninisti) N 77-78. (22 aprile 1939)

Note

[1] L’Ucraina – le terre ucraine – era allora de facto divisa tra URSS, Polonia, Romania e Ungheria.

[2] Trotsky si riferisce qui alla politica di Hitler sulla questione ucraina, iniziata dopo gli avvenimenti di Monaco di Baviera e terminata con la spogliazione della Cecoslovacchia nel marzo 1939. La parte ucraina della Cecoslovacchia, la Rutenia, aveva ottenuto l’autonomia e il suo governo, presieduto dal vescovo Voloisin con J. Revay, sostenuto dalla milizia nazionale Sitch, era diventato il centro di agitazione e di organizzazione del nazionalismo ucraino sotto l’ala tedesca? Così com’era, lo stato ruteno era incapace di esistere autonomamente, ma era una testa di ponte verso l’Ucraina sovietica, prendendo addirittura il nome di Ucraina carpatica nel gennaio 1939: il governo di Chust (il villaggio che ne era diventato la capitale) aveva preso contatto con tutti i circoli di emigrati bianchi. Fu probabilmente all’inizio del 1939 che, nel suo piano di avvicinamento all’URSS, il governo tedesco abbandonò i piani per una “Grande Ucraina” – che era stato il tema e l’orchestrazione del governo Chust – in favore dell’eliminazione della Cecoslovacchia. L’esercito tedesco occupò la Boemia e la Moravia il 15 marzo; il 16, con il permesso di Berlino, l’esercito ungherese occupò la Rutenia, che avrebbe annesso. Non si parlò più di “Grande Ucraina”.

[3] Queste lettere, depositate all’Istituto Internazionale di Storia Sociale di Amsterdam, sono state pubblicate all’Aia nei due volumi delle Carte di Trotsky. Se lo fossero state prima, Trotsky avrebbe sicuramente ricordato qui l’appoggio di Lenin a Rakovsky.

[4] Tarass H. Shevchenko (1814-1861), poeta ucraino, professore a Kiev, organizzatore della Confraternita di Cirillo e Metodio, sostenitore di un’Ucraina nazionale profondamente riformata, è il padre del moderno nazionalismo ucraino.

[5] Kobzar è il titolo di una famosa raccolta di poesie di Shevchenko pubblicata poco prima del suo esilio nel 1840.

[6] Dimitri Z. Manuilsky (1883-1952), che era stato compagno di esilio di Trotsky a Parigi e suo collaboratore a Nashe Slovo, era diventato sotto Stalin uno dei segretari dell’I.C., un esecutore senza personalità. Fu l’11 marzo 1939 che consegnò il suo rapporto sull’IC al Congresso del Partito russo.

[7] Georgi V. Dimitrov (1882-1949), ex leader del partito socialdemocratico del Tesnjaki bulgaro – vicino al bolscevismo – e dei sindacati bulgari, ed ex capo dell’ufficio di Berlino dell’Internazionale Comunista., era stato l’eroe del processo di Lipsia nel 1933; da allora era stato la figura principale e allo stesso tempo il segretario generale dell’Internazionale Comunista.

[8] Durante l’occupazione della Rutenia da parte dell’esercito ungherese (vedi sopra), quest’ultimo compì diversi massacri nei villaggi popolati da ucraini.

[9] Il rapporto di Stalin al 18° Congresso fu presentato il 10 marzo 1939.

[10] Nel suo discorso, Stalin aveva sottolineato in particolare la pubblicità fatta dalla stampa occidentale all’Ucraina dei Carpazi e ai suoi piani per una “Grande Ucraina”, pubblicità che a suo dire aveva lo scopo di indurre la Germania ad attaccare l’URSS – cosa che non aveva fatto, poiché aveva permesso all’Ungheria di annettere la Rutenia.

[11] La Rada (o consiglio), composta da nazionalisti moderati e conciliatori, aveva preso il potere in Ucraina nel febbraio 1937. Pavel P. Skoropadky (1873-1945), generale dell’esercito dello zar nel 1914, insorse dopo l’ottobre 1917 e prese il titolo di atamano (hetman in tedesco) dell’Ucraina, dove governò per conto degli occupanti tedeschi. È fuggito nel novembre 1918. Semion V. Petliura (1879-1926), un ex socialdemocratico che divenne un membro nazionalista della Rada, fu il leader del suo esercito, e più tardi l’ispiratore del Direttorio che governò l’Ucraina per un po’. Sconfitto dall’Armata Rossa, fuggì in Polonia e ricevette il sostegno di Pilsudski e dell’Intesa durante l’offensiva polacca contro la Russia sovietica nel 1920, dove comandò unità ucraine e si presentò come un “liberatore”.

[12] M.I. Melenevsky, noto come Basok (1879-1938) e Oleksander Skoropis-Leltoukhovsky, inizialmente membri del Partito Rivoluzionario Ucraino, avevano fondato l’Unione Socialdemocratica Ucraina nel 1904. Nel 1914, sotto la protezione dell’esercito tedesco, avevano fondato a Leopoli (Lviv o Lvov) un’Unione per la liberazione dell’Ucraina e, durante la guerra, avevano assunto funzioni amministrative nei territori ucraini occupati dall’esercito tedesco.

[13] Erich von Ludendorff (1865-1937), generale prussiano, fu il generale in capo dello Stato Maggiore del Reich tedesco al tempo dell’ultimo imperatore degli Hohenzollern, Guglielmo II. Profondamente reazionario, fu uno dei capi militari più politici.

[14] Un’intera generazione di marxisti ucraini era stata sterminata da Stalin nell’URSS. Trotsky non poteva ignorarlo e il suo appello era rivolto ai “marxisti rivoluzionari” di altri paesi. Uno di loro almeno, e non il minore, condivideva l’analisi di Trotsky sulla questione dell’indipendenza dell’Ucraina. Roman Rosdolsky, entrato nel 1915 nel movimento rivoluzionario, e poi dirigente del PC ucraino occidentale, era in collegamento con la sezione polacca della Quarta Internazionale. Insegnò all’università di Leopoli (Lviv o Lemberg).