OLTRE AL DANNO, LA BEFFA

Sarà difficile addentrarsi nelle oltre 200 pagine della sentenza con la quale il TAR del Lazio ha espresso il suo giudizio sul ricorso presentato dal Comune di Piombino contro la nave rigassificatrice collocata in porto. Comunque, anche limitandosi a leggerne la sintesi sulla stampa, se ne ricava l'intenzione, nemmeno troppo nascosta, di umiliare in un colpo solo l'Amministrazione Comunale, che aveva promosso l'iniziativa, i soggetti che le si erano spontaneamente affiancati (WWF e sindacato USB) e la popolazione che aveva manifestato per più di un anno e scioperato contro l'operazione. Riassumendo, secondo il TAR tutti i soggetti coinvolti sono stati ascoltati e hanno potuto "dare il loro apporto"; ogni valutazione tecnica sarebbe "immune da mende", cioè chi ha redatto il progetto dell'installazione non avrebbe commesso errori, nemmeno piccoli; il progetto è considerato strategico per la politica energetica del Paese e quindi per gli italiani tutti. Inoltre, e scusate se è poco, per spiegare nel ricorso la violazione delle regole e i motivi per cui il ricorso avrebbe dovuto essere accolto, i legali del Comune avrebbero utilizzato troppe parole, non avrebbero rispettato i canoni di redazione previsti dalla legge, non sarebbero stati sintetici e avrebbero obbligato il TAR a faticare sulle pagine. Anche per questi motivi, lo stesso TAR ha condannato il Comune a farsi carico di ben 90.000 euro di spese legali, e giacché c'era ha rifilato 15.000 euro di spese anche a WWF e USB.

Dunque, alla fine della fiera abbiamo una nave rigassificatrice in porto intorno alla quale le altre navi devono fare acrobazie per evitare incidenti, tre incendi registrati negli ultimi mesi a breve distanza dalla stessa, nessun piano di evacuazione in caso di emergenza né per i lavoratori del porto né per la popolazione, 2 rimorchiatori al lavoro per trattenere la Golar Tundra in caso di mareggiate, 1591 posti di lavoro promessi che nessuno ha visto, nessuna compensazione in bolletta di quelle millantate a suo tempo per indurre la popolazione a rimanere acquiescente, 90.000 euro accollati sul Bilancio del Comune e 15.000 a USB e WWF.

Intanto, l'utilizzo dell'impianto sarebbe servito per incamerare gas da rivendere successivamente all'estero, non per soddisfare i bisogni del Paese, quindi a promuovere una serie di speculazioni sulle quali la popolazione non guadagna niente e ci rimette in fatto di rischi e inquinamento. Non avevamo bisogno di questo rigassificatore, che risponde solo a interessi privati, e non a vantaggi pubblici. L'unico appiglio positivo è il termine dello stazionamento nel porto di Piombino della Golar Tundra, che la sentenza mette nero su bianco di 3 anni e mezzo: ma non è comunque una notizia positiva se la nave sarà semplicemente spostata in altro luogo, che sia Vado Ligure o altro.

Naturalmente è una sentenza che ha un sapore intimidatorio: chiunque provi ora o in futuro a impedire o modificare decisioni imposte dall'alto, troverà sulla sua strada chi si incaricherà di "bastonare" (così si è espresso il quotidiano Il Foglio) i riottosi.

A questo punto, la palla torna alla popolazione piombinese. Perché al di là di tutte le sentenze e di tutti i tribunali di questo mondo, gli abitanti di Piombino sanno che la nave Golar Tundra, piazzata nel porto, è un pericolo oggettivo che mette a repentaglio la sicurezza e la vita di tutti. Questa consapevolezza non deve affievolirsi e devono, anzi, riprendere le mobilitazioni, gestite e dirette dalla stessa popolazione interessata, senza delegare la gestione della protesta all’amministrazione locale o a qualsiasi altra istituzione o partito. Se queste mobilitazioni non si faranno sentire nel modo più incisivo e radicale, “disturbando il manovratore”, cioè il governo, anche l’eventuale ricorso al Consiglio di Stato farà poca strada.

Corrispondenza Piombino