Di fronte alla crisi, le banche centrali di tutto il mondo sono combattute: frenare l’inflazione, stringendo i rubinetti del credito o sostenere il mondo delle imprese, abbassando i tassi bancari? Queste due strade descrivono abbastanza bene quello che i lavoratori avranno di fronte nei prossimi mesi. Un rialzo dei tassi porterà con sé la chiusura di una quantità di aziende, cominciando dalle più piccole. Inevitabili
i licenziamenti. Denaro più facile significherà invece ulteriore aumento dell’inflazione, cioè salari resi ancora più bassi dall’aumento dei prezzi. Tutto fa presagire che ciascuna di queste due strade sarà percorsa di volta in volta, saltando dall’una all’altra a seconda delle circostanze.
La guerra ha aggravato una crisi che si trascina da anni. Gli aumenti del gas e degli altri prodotti energetici erano già iniziati nel 2020. La speculazione si è ingrassata e continuerà a farlo, perché le leggi supreme del profitto valgono più di ogni chiacchiera sulla “solidarietà” e tutti i governi sono soprattutto le sentinelle di queste leggi.
Il rapporto annuale della Caritas ha dipinto un quadro spaventoso per l’Italia: 5 milioni e 571 mila poveri assoluti di cui 1,2 milioni minori. E siamo solo all’inizio.”Nessuno sarà lasciato indietro”, ripetevano Conte prima e Draghi poi. E ripetono oggi Meloni, Salvini e Berlusconi. I partiti di destra cantano vittoria per il successo elettorale del 25 settembre, ma il dato principale è che quasi il 40 per cento degli elettori non si è recato alle urne. Sempre meno gente, specialmente tra le fasce più povere della popolazione, crede alla “politica”.
Del resto è chiaro che questa “politica”, di destra o di “sinistra” non ha nessuna intenzione di prendere per le corna il toro della crisi. Per dirne una, la faccenda della tassa sugli “extraprofitti” realizzati in questi mesi dalle compagnie energetiche, tassa di cui Draghi si era fatto un vanto, è finita sommersa dalle carte bollate delle cause degli studi legali. Invece dei 10 miliardi previsti ne è entrato uno nelle casse dello Stato. “Prendere i soldi là dove sono” è uno slogan che si passano di volta in volta gli esponenti dei due schieramenti, ma nella realtà nessuno vuole mettere le mani nei portafogli dei ricchi, nei loro profitti e nelle loro rendite.
Di fronte all’incalzare del carovita e alla nuova ondata di licenziamenti, i nuovi governanti preparano, come al solito, provvedimenti che sono incentrati sugli incentivi alle imprese. Ma per i lavoratori occorrono aumenti salariali immediati e consistenti e tutele reali di fronte ai licenziamenti. In un modo o nell’altro queste necessità si imporranno e la classe lavoratrice dovrà scendere in lotta.