Volontariato o “cittadinanza attiva”, di lavoro normale nei servizi pubblici neanche a parlarne

Una volta si diceva “cambiano i suonatori ma la musica è sempre la stessa”. In perfetta continuazione (senza soluzione di continuità) con le precedenti giunte e governi di centro-sinistra e destra, che hanno puntualmente e progressivamente smantellato ed esternalizzato molti servizi pubblici con la pretesa che in casi estremi ci avrebbe pensato il volontariato a mantenere in vita le prestazioni al pubblico (le biblioteche ma anche alcune attività di vigilanza urbana, di assistenza sociale e così via), anche le neo-giunte del “nuovo che avanza” pentastellato fanno appello alla cittadinanza attiva anche per compiti di bonifica (vedi recente episodio delle alghe sul Po) o di manutenzione dei giardini. Questo ci conferma che la politica ruota attorno all’economia e non il contrario.

Di sicuro non pretendiamo - e soprattutto non sogniamo - che l’inversione di tendenza possa essere imminente e che domani mattina tutti i servizi soppressi o esternalizzati verranno riassorbiti nel pubblico e che verranno per magia assunti centinaia di migliaia di tecnici e operatori sociali con un contratto regolare e una paga e condizioni di lavoro umane e dignitose, ma in un periodo di disoccupazione cronica continuare a fare appello al volontariato o alla cosiddetta cittadinanza attiva, che in soldoni altro non sono che lavoro gratuito, ci dà tanto l’impressione del pane dato a chi non ha denti per mangiarlo.

La filosofia dei nuovi arrivati è quella “dell’onestà e del non utilizzo dei fondi pubblici”: ma un conto è utilizzare soldi pubblici per cene tra amici, tangenti e lingerie, altra cosa è utilizzarli per potenziare i servizi alla cittadinanza e per creare occupazione (nel senso di assunzione di operatori competenti, non di sistemazione di amici e parenti). A chi giova tutto ciò? Sicuramente alla classe padronale che sostiene da anni, e senza pudore, la deviazione dei fondi pubblici dai servizi alle imprese senza nessuna prospettiva di rientro nei ranghi dopo un’eventuale ripresa.

Cittadini e lavoratori non si facciano prendere in giro. Devono pretendere la normalità, riprendersi i servizi ed esigere le dovute assunzioni.

Corrispondenza Torino