Vertenza Beko: un gioco opaco sulla pelle dei lavoratori

Quando c’è in ballo il posto di lavoro, si è portati ad attaccarci ad ogni speranza. Così i lavoratori del gruppo Beko, che produce elettrodomestici, hanno votato a stragrande maggioranza la bozza di accordo firmata dai sindacati.

L’azienda, che fa parte di una holding di proprietà turca, si era presentata ai sindacati, lo scorso autunno, con la pretesa di chiudere due impianti e di “alleggerirsi” di 1900 posti di lavoro. Si sa come vanno queste cose: il negoziato vero si apre fra la direzione aziendale e il governo e in gioco non si sa bene che cosa ci sia effettivamente. L’importante è uscirne con la protesta operaia neutralizzata dalla convinzione di aver strappato le migliori condizioni possibile.

In ogni modo, la cosa per ora finisce così: gli esuberi diventano “solo” 1224. e lo stabilimento di Siena, con i suoi 287 dipendenti, verrà chiuso. Ma, dice il comunicato della Fiom, “si è pattuito un percorso che mira alla reindustrializzazione del sito anche grazie all’impegno del Governo ad acquisire lo stabile (sic) attraverso Invitalia, d’intesa con il comune di Siena”. Altra cosa che dovrebbe tranquillizzare i lavoratori, gli investimenti che saranno di 300 milioni circa per l’arco di vigenza dell’accordo, che arriva al 31 dicembre 2027. Per gli esodi sono previsti degli incentivi non meglio specificati.

Per i dipendenti di Siena si apre un periodo denso di incognite senza avere nessuna leva in mano per far rispettare l’impegno di salvaguardare l’occupazione. Invitalia, che è un’articolazione della Cassa depositi e prestiti, quindi dello Stato, si è impegnata, insieme al comune, a rilevare la proprietà del sito per cercare, in seguito, degli “investitori”. Una storia che abbiamo già visto mille volte e che somiglia da vicino a quella della GKN, in cui gli “investitori” si sono dileguati.

Il Ministero delle imprese e del Made in Italy, presieduto da Adolfo Urso, si è gloriato dell’accordo, la Beko (6 miliardi di euro di fatturato solo in Europa) scaricherà sullo Stato tutti i costi degli ammortizzatori sociali e tutta la faccenda è molto probabilmente un episodio di “diplomazia economica”. Una serie di incontri, infatti, si sono succeduti a livello economico tra Italia e Turchia, molti hanno dato origine a nuovi accordi tra imprese, compresi quelli sulla produzione militare, come quello tra Leonardo e Baykar Technlogies per la produzione di droni. “Gentilezze” come quella accordata da Beko a Urso consentono a lui di farsi passare per il salvatore dell’occupazione in Italia e alla holding turca di beneficiare del clima di “cordialità” e “simpatia” ormai consolidato tra i due governi e soprattutto tra le associazioni di imprenditori delle due nazioni.

Corrispondenza Toscana