Gli edicolanti sono in agitazione e rivendicano almeno una quota delle agevolazioni e dei contributi che lo Stato riserva agli editori e alle agenzie di stampa oltre ad una revisione degli aggi sul venduto. La Federazione degli Editori non molla. Lo scorso 30 ottobre, “Giornata della Dignità del giornalaio”, in molte città le edicole erano chiuse proprio per questo e altri scioperi ed iniziative di lotta seguiranno.
In un volantino distribuito a Livorno si parla di ventimila edicole chiuse negli ultimi dieci anni in tutta Italia. Un “massacro sociale” silenzioso.
Sottoposti ad orari massacranti, ultimo anello di una catena fatta da editori e distributori, hanno visto ridursi in modo drammatico i loro margini di guadagno. Apparentemente commercianti, i “giornalai” hanno un rapporto di subordinazione con la filiera editoriale che li rende molto più simili ai lavoratori dipendenti.
Il governo, per bocca del sottosegretario con delega all’editoria Andrea Martella, del PD, ha recentemente manifestato la volontà di garantire il “pluralismo dell’informazione” assicurando un sistema di “sostegno diretto e indiretto all’editoria”. Il pluralismo, dice Martella, serve “ad assicurare la formazione di un’opinione pubblica libera e criticamente fondata, dunque a garantire le condizioni per il mantenimento dell’ordinamento democratico”. Solo che non si capisce perché chi garantisce nei fatti questo “pluralismo” debba fare la fame fino ad essere costretto a chiudere la propria edicola.
Ma i “giornalai” non ci stanno. Dalla scorsa primavera, superando tutte le difficoltà di una categoria parcellizzata nei vari centri abitati, sono riusciti a sviluppare un’azione rivendicativa che sembra promettere nuovi sviluppi. Siamo al loro fianco.
Corrispondenza da Livorno