Il 23 gennaio, anniversario del sollevamento popolare del 1958 contro la dittatura dell'epoca, il presidente dell'assemblea nazionale Juan Guaido si è proclamato presidente del Venezuela. Questo ingegnere di 35 anni si trova alla testa dell'opposizione di destra perché i suoi dirigenti più anziani sono agli arresti domiciliari in fuga all'estero a causa di azioni giudiziarie, in particolare per corruzione. Il partito che conduce l'opposizione si chiama Volontà popolare, ma potrebbe chiamarsi Volontà borghese, poiché rappresenta gli interessi della media e grande borghesia, che da vent'anni cerca di rovesciare il regime chavista.
Pochi minuti dopo questo colpo di forza, Guaido ha avuto senza sorpresa il sostegno di Trump e poi dei governi latino-americani di destra. I dirigenti europei si sono immischiati nella vicenda, naturalmente in nome della democrazia. Ma perché un deputato che si autoproclama presidente avrebbe più diritto a ritenersi tale rispetto a Maduro, che ha ottenuto alle presidenziali del maggio 2018 i voti di 30% degli iscritti?
L'opposizione di destra ha ripreso l'offensiva con il sostegno dell'imperialismo americano, com’è sempre successo ad ogni crisi del regime chavista. Cercando di far passare l'esercito dalla sua parte, ha promesso di amnistiare i soldati volessero seguirla. Ma, il 24 gennaio, il ministro della Difesa, generale Padrino, approvato dell'alto stato maggiore, ha dato il suo sostegno al regime. L'esercito venezuelano è tanto più corteggiato in quanto controlla l'essenziale dell'economia, in particolare il petrolio, che rappresenta il 96% delle esportazioni del paese. Controllando le frontiere, prende anche la sua parte in tutti i traffici con i paesi vicini. Attualmente, ritiene ancora che sia meglio sostenere il regime. Ma per quanto tempo?
La situazione della popolazione è drammatica. L'inflazione si attesta già ad un milione per cento e secondo l'FMI dovrebbe decuplicare nel 2019! Tre milioni di persone hanno lasciato il paese. Anche fra quelli che nelle classi popolari avevano sostenuto Chavez per la sua politica di ridistribuzione della rendita petrolifera, alcuni ormai si allontanano dal regime, magari pensando che il ritorno della destra li potrebbe salvare. Invece significherebbe tornare all'epoca in cui era solo la borghesia ad accaparrarsi i redditi del petrolio.
L'opposizione rimprovera ai chavisti di non essere usciti dall'economia di rendita, di non avere diversificato l'industria e di avere fatto vivere il paese oltre le sue possibilità quando i corsi del petrolio erano alti. Ma non sono stati i chavisti ad inventare una tale politica, l'hanno ereditata. Se Chavez fosse rimasto un oscuro ufficiale e i soliti politici di destra e di sinistra avessero continuato a governare, si sarebbero trovati nella stessa situazione con il ribasso dei corsi del petrolio.
La crisi che colpisce il Venezuela è quella di un'economia completamente dipendente dei mercati esteri, in particolare quello delle materie prime, una situazione che i chavisti non hanno cercato di trasformare, accontentandosi di ridistribuire una parte della rendita petrolifera alle classi popolari per assicurarsi il loro sostegno.
In passato, i lavoratori e le classi popolari si sono mobilitati per impedire ai politici più legati alla borghesia di riprendere il potere, come in occasione dei due tentativi di colpo di Stato del 2002. All'epoca questa mobilitazione aveva salvato il governo chavista e gli aveva permesso di prendere il controllo del settore petrolifero. Oggi è chiaro che per i lavoratori la salvezza non è dalla parte del regime, ma neppure dalla parte dei politici di destra sostenuti dall'imperialismo. Per avere il controllo dell'economia, dovranno conquistare il potere politico.
J.F.