Al presidio in Rettorato del 29 aprile erano in tanti a chiedere il reintegro del lavoratore del dipartimento di Fisica, prima sospeso per 120 giorni e poi licenziato senza preavviso dall’Università di Torino.
Compagni di lavoro, docenti, studenti e sindacati di base hanno voluto in tal modo manifestare il proprio sostegno all’opposizione di Pier Paolo ad un provvedimento insensato, repressivo e discriminatorio, che può costituire un pericoloso precedente da utilizzare contro chi dissente anche in contesti e luoghi esterni al posto di lavoro. Il lavoratore, infatti, è stato licenziato in seguito ad una condanna in primo grado per gli scontri avvenuti nel 2015 nel cantiere Tav di Chiomonte in Val di Susa. Fatti, dunque, totalmente estranei alla sua attività lavorativa everificatisi fuori dall’Università.
Il suo licenziamento ricorda quello di un’insegnante di Torino, licenziata l’anno scorso per aver inveito contro la polizia durante un corteo di protesta contro un comizio di CasaPound.
Nel caso del lavoratore universitario, l’amministrazione dell’ateneo ha deciso di applicare una norma del contratto di lavoro vigente, che ha recepito la legge Severino in modo quanto meno scorretto e peggiorativo. Questa legge, infatti, era stata varata per politici ed amministratori pubblici ritenuti non candidabili per fatti di corruzione. Non solo, essa include soltanto la sospensione della candidatura dopo il primo grado di giudizio.L’ateneo torinese ha voluto invece comminare il licenziamento sostenendo che la norma contrattuale prevede la sanzione espulsiva anche per condanne non passate in giudicato.Altro che laboratorio di una cultura che si pretende universale! Qui l’Università palesa il suo vero ruolo, quello di zelante tutore di un ordine borghese indulgente e, spesso, garante dell’impunitàper i servitori della classe dominante, ma risoluto nel sanzionare i lavoratori, anche quando non c’è stata infrazione!
Cgil, Cisl e Uil, firmatari del contratto di categoria, si sono ben guardati dal partecipare al presidio. Avrebbero dovuto rendere conto di quanto sia stato scellerato l’aver accettato l’inserimento di una norma così liberticida del diritto al lavoro e al dissenso. La sua cancellazione diventa ora una priorità per i lavoratori dell’università e di tutto il pubblico impiego.
Corrispondenza da Torino