Dopo la manovra finanziaria (la quinta in un anno) che ha affossato le pensioni, tolto l’indicizzazione alle pensioni sopra i 1400 euro, reintrodotto (pesantemente maggiorata) la tassa sulla prima casa, aumentato i prezzi, il governo Monti si appresta a scagliare un nuovo micidiale attacco ai lavoratori: parte la cosiddetta “riforma del mercato del lavoro”.
Proprio nei giorni in cui si approvava la manovra, varata definitivamente alle porte delle feste di fine anno, il quotidiano dei vescovi “Avvenire” pubblicava un’intervista a Giuliano Cazzola, ex vicepresidente della Commissione Lavoro del Governo Berlusconi, nella quale il deputato pidiellino si schierava a fianco del Ministro del Lavoro Fornero, incitandola con entusiasmo nella sua opera di bastonatura della classe operaia, e fornendole alcuni utili consigli. L’intervista non è particolarmente interessante, se non per la significativa sintesi finale, davvero un capolavoro di chiarezza: “[Il Ministro] vada avanti. Anche le pensioni di anzianità erano un “tabù” ed in un mese ha demolito questo totem. E’ dimostrato che i sindacati sono “tigri di carta” (Avvenire, 20.12.11).
Come vanno le cose in Cgil Cazzola lo sa bene, dato che è stato per anni un funzionario Cgil, ai tempi della “gloriosa” componente socialista. Come sono andate le cose anche stavolta, lo possono constatare tutti, basta solo guardare. Il primissimo provvedimento che la Cgil ha preso, all’indomani della caduta di Berlusconi e subito dopo che il PD aveva votato la fiducia al Governo Monti, è stato annullare la manifestazione nazionale, già prevista a Roma per il 3 dicembre, e trasformarla in un’assemblea dei delegati. Già questo, al di là dei proclami roboanti e della verbose rivendicazioni che costituivano la piattaforma dell’assemblea, la diceva lunga sulla disponibilità a capitolare dei vertici sindacali.
Cosa avrebbero potuto aspettarsi mai i sindacati da Monti, di meno duro e di più equo di quanto avrebbe garantito Berlusconi? Al di là del mero aspetto estetico, uno poco decente, l’altro con una vernice di rispettabilità, cosa cambiava nella sostanza? L’avesse fatto cadere la classe operaia, Berlusconi, avrebbero potuto pensare di trattare da una posizione di forza…ma il guitto di Arcore non era più credibile né per la borghesia italiana, né per l’Unione Europea, né per la BCE. E comunque, anche mettendo nel conto di aver contribuito a scuotere l’albero, non era difficile immaginare chi avrebbe raccolto i frutti: nonostante i continui e ripetuti attacchi subiti, non c’è mai stata un’idea di difesa della classe operaia. Come se non stesse succedendo niente, fino all’ultimo momento si è parlato di vertenze locali e di contratti di categoria. Poi, una volta crollato tutto il crollabile, la reazione è stata forse ancora più ordinaria e rituale del solito: in ossequio a una presunta risposta sindacale unitaria, che doveva vedere Cgil Cisl Uil insieme, tutto si è esaurito in uno striminzito sciopero di tre ore (il 12 dicembre) con presidio di piazze o Prefetture (dove ci sono), senza nemmeno uno straccio di manifestazione, con replica dell’intera giornata una settimana dopo solo per il pubblico impiego – peraltro a manovra praticamente approvata, e quindi con scarse adesioni.
Il risultato di quello che i sindacati hanno chiamato “mobilitazione” sarebbe stato l’ammorbidimento dell’intervento sull’indicizzazione delle pensioni: l’adeguamento al costo della vita sarebbe stato assicurato anche per le pensioni da 900 a 1400 euro. Più realisticamente, il risultato dell’assenza – se non come semplice vittima - della classe operaia sul terreno dello scontro sociale, ha prodotto l’estinzione delle pensioni di anzianità e la fine anche del “numero magico”, per dirla con la Camusso, dei 40 anni di lavoro per avere il diritto a pensione, che ora sono 42 e con le penalizzazioni se non c’è anche il requisito dell’età, in aumento fino a 67 anni. Tutti al lavoro per molto tempo di più, per ricevere molti soldi in meno, perché in aggiunta c’è il contributivo pro-rata anche per chi finora usufruiva del retributivo. Tutti al lavoro si fa per dire: chi li vorrà mai a lavorare tutti questi operai, impiegati, insegnanti e infermieri ultrasessantenni, di cui la stragrande maggioranza delle aziende (Stato e Parastato compreso) non vedranno l’ora di liberarsi, per servirsi di un ben più appetibile esercito di riserva di trentenni, magari più aggiornati, più affamati e con meno pretese? A suo tempo, si parlerà con rammarico dell’”emergenza sociale” costituita dai disoccupati attempati, senza impiego e senza pensione, un po’ con gli stessi toni contriti con cui oggi si parla del precariato giovanile, dopo aver spolpato e fatto a brandelli per decenni il lavoro dei giovani.
Per rifinire il tutto, sindacati e PD non portano a casa nemmeno la tanto invocata patrimoniale: non si può, afferma il Governo, colpire i grandi patrimoni perché…non sono censiti. Cioè: non si sa di chi sono, ergo non si può far pagare chi non si conosce. E per indurre tutti quanti a prendere per buona questa ridicolezza, ecco una “severa” tassa sulle auto di lusso, sugli aerei ed elicotteri privati, sulle barche (peraltro premurosamente diminuita del 30%, aumentando la tassa sul tabacco trinciato). Possiamo stare tranquilli: parafrasando un vecchio manifesto di Rifondazione Comunista che suscitò tanto scandalo, i ricchi non piangeranno.
Per avere almeno una possibilità di difendersi da questo attacco non c’era che un modo: fermare il Paese, con scioperi continui, con una mobilitazione permanente. Oggi, per quanto possa essere tardi, non lo è abbastanza da giustificare l’immobilità, che ci può portare a subire anche questa parvenza di trattativa sul mercato del lavoro.
L’alternativa alla mobilitazione è ritrovarsi – cornuti e mazziati – ad ascoltare la ramanzina di qualche pennivendolo, tipo Stefano Lepri sulla Stampa del 14 dicembre: “Troppi, se colpiti, restano convinti che al contrario qualcun altro ci guadagna […] Si potrà discutere a lungo se questa DISEDUCAZIONE ALLA SOLIDARIETA’ (Sic!) sia colpa di chi ha governato fino al mese scorso […] Sta di fatto che sia chi appoggiava Berlusconi, sia chi lo combatteva, si trova in difficoltà a spiegare che è il momento di stringere la cinghia, nell’interesse futuro di tutti.”
Nell’interesse presente e futuro delle classi dominanti, i lavoratori hanno sempre stretto la cinghia. E’ necessario acquisirne piena consapevolezza, e agire finalmente di conseguenza.