Dall’inizio del “caso Weinstein”, il produttore di Hollywood che imponeva alle attrici una sorta di jus primae noctis, sempre più attrici, giornaliste, scrittrici e dirigenti si sono unite alla denuncia di un sistema in cui subire molestie sessuali, spesso veri e propri ricatti, è la norma. E qui parliamo del “fior fiore” della società!
Che la stessa Hollywood, questa gigantesca macchina per fare soldi, si sia impadronita del tema e che lo utilizzi per nuovi film “politicamente corretti” è nel conto. Ma i fatti sono fatti, la violenza contro le donne esiste e, per parlare della situazione italiana, ogni tre giorni una donna viene uccisa dal proprio compagno, e le donne, per il 9%, dicono di essere state vittime di molestie o ricatti sessuali al lavoro.
Se attrici universalmente conosciute, deputate e giornaliste famose dicono di non avere osato denunciare il loro aggressore per paura di essere messe al bando della loro professione e di vedere la loro carriera compromessa, questo la dice lunga sulla forza del potere e del denaro nella nostra società.
Le relazioni di dominio e di possesso strutturano tutta la società capitalista. Le più decisive sono le relazioni di classe, i rapporti tra sfruttati e sfruttatori, quelle che mettono i lavoratori dipendenti in balìa di un capo, di un dirigente o di un padrone. Le donne, che sono le prime a subire salari bassi, precarietà e disoccupazione, ne sono le prime vittime. E come può reagire un’operaia, una commessa, un’impiegata? Come può reagire una donna immigrata? Questa parte della popolazione non ha di solito buone “entrature” negli ambienti istituzionali o nelle redazioni dei giornali. Non ha i mezzi per pagarsi buoni avvocati. Lottare senza denaro significa correre il rischio di perdere i propri mezzi di sostentamento.
La battaglia contro le violenze sessuali si aggiunge quindi a quelle che la classe lavoratrice deve condurre nelle imprese, e questo include gli atteggiamenti sessisti. Gli uomini devono stare dalla parte delle loro compagne di lavoro! Devono sostenerle nella loro battaglia per il rispetto della loro dignità. Non deve esistere più la “complicità maschile” tra sfruttati e sfruttatori, tra dirigenti e diretti, deve esistere la solidarietà di classe tra lavoratrici e lavoratori!
Lavoratori e lavoratrici devono poter contare gli uni sugli altri!
Già due secoli fa, il socialista Fourier spiegava che, in una data società, il grado d'emancipazione delle donne è la misura dell'emancipazione generale. Da allora, molte lotte si sono svolte. Mentre la borghesia riservava l'azione politica ai soli maschi, le donne si sono battute individualmente o collettivamente per il diritto di studiare, lavorare, votare e per il diritto all'aborto. Queste lotte hanno contribuito a fare evolvere le mentalità generale ed occorre proseguirle. Ma non bastano a sradicare le pratiche sessiste e sradicare i pregiudizi secolari perché questi sono mantenuti dai rapporti di sfruttamento iscritti nell'organizzazione capitalistica della società.
Per questo non si può separare la battaglia per l'emancipazione delle donne dalla lotta per liberare la società dal capitalismo.
(Testo del nostro volantino diffuso alla manifestazione dell’8 marzo a Pisa)