Capitoli di storia militante: 1960-2010 50°anniversario della scomparsa del compagno Mario Noè
Nato a Groppello Cairoli (Pavia) nel 1901, Mario si stabilisce a Milano, nel quartiere della Bovisa, dove lavora come meccanico ed aderisce giovanissimo alla Federazione Giovanile Socialista; diviene uno dei più combattivi oppositori del riformismo turatiano. Nel gennaio 1921 è tra i fondatori della federazione milanese del PCdI. Sono mesi durissimi in cui il giovane Partito si trova a fronteggiare la crescente violenza poliziesca e fascista. Con l’attentato al Diana del marzo 1921 la bestiale campagna di aggressione contro sovversivi, anarchici, socialisti, comunisti si intensifica; ogni giorno le sedi vengono attaccate, incendiate, distrutte, i militanti perseguitati; il Partito risponde colpo su colpo ed organizza l’autodifesa per respingere sul campo la violenza borghese e reazionaria.
Meno di due settimane dopo la strage del Teatro Diana, nel corso di una manifestazione in via Mercanti, le guardie regie attaccano i manifestanti comunisti. Lo scontro è durissimo. Molti compagni rimangono a terra feriti; tra questi un diciannovenne con la gamba maciullata, che dovrà essere amputata: quel diciannovenne è Mario Noè.
"Perdere una gamba è sempre un fatto doloroso, perderla proprio nel periodo più dinamico di una vita, diciannove anni, è una cosa terribile.
Non passò tra i riformati. E nemmeno tra i sedentari. Stette in linea".
Mario continua l’attività come e più di prima. Organizza il Soccorso Rosso, il che gli costa l’arresto ed il processo nel 1925: prosciolto. Nuovamente arrestato nel novembre 1926, accusato di "organizzazione comunista" viene condannato a quattro anni di confino a Lipari. Nel gennaio 1928, mentre si trova al confino, è deferito al Tribunale Speciale per "riorganizzazione di partito disciolto": nuovamente processato e prosciolto. Scontata la pena, nel febbraio 1930 viene liberato ed incluso nell’elenco delle persone da arrestare in determinate circostanze. Il successivo arresto avviene nell’agosto 1936; l’accusa è sempre la stessa, "organizzazione comunista"; viene processato e condannato a cinque anni di confino, che divide tra Ventotene, le Tremiti e Colobraro. Se li fa tutti, nessuno sconto per l’irriducibile Mario Noè.
In carcere ed al confino studia. Studia come può, ma con lo spirito vincente dell’autodidatta. Studia. Elabora. Ragiona. Comincia a capire che qualcosa nella Russia di Stalin non va. Nell’estate del 1939, al confino, si oppone al patto russo-tedesco, e per questo la cellula confinati del partito lo mette al bando. "L’inquadramento burocratico uccide lo spirito di lotta", ripete più volte Mario, il quale ai compromessi preferisce l’isolamento. E l’isolamento, per un confinato, è condizione ancor più terribile.
In piena guerra Mario ritorna a Milano, nella roccaforte operaia della Bovisa. Nonostante la menomazione rifiuta qualsiasi forma di assistenza; per riuscire a campare vende candele. Durante il conflitto diffonde volantini e giornali clandestini.
Il 25 aprile 1945 i partigiani lo caricano sulla canna della bicicletta e percorrono le vie di Milano; tra una raffica di festa e l’altra il viaggio termina al posto che gli operai della Bovisa gli hanno assegnato: la direzione della sezione di quartiere del Partito comunista.
Mario si mette al lavoro da subito, senza tregua: nelle fabbriche, nei circoli, propaganda, organizzazione, proletario fra proletari, affatto intellettuale. Mette in guardia gli operai dalle trappole della democrazia, attacca i preti e la chiesa. A quel punto però "fu come se una nuova pallottola di una risorta guardia regia lo colpisse". La pallottola stavolta arriva dal "fuoco amico": Noè è troppo estremista. Noè va fermato. Con gli immancabili "fedeli alla linea" che divengono delatori, il fascicolo Noè nella federazione del partito staliniano diventa più voluminoso di quello della polizia.
Cominciano i processi interni, che però ottengono l’effetto contrario. Mario contrattacca, denuncia malcostume politico, deriva burocratica, arrivismo, nepotismo, cretinismo parlamentare.
Ben presto cerca e trova compagni della federazione milanese che esprimono gli stessi dubbi: ex partigiani come Luciano Raimondi, Giulio Seniga, Aurelio Staletti, sindacalisti come Emilio Setti, un vecchio fondatore del PCdI come Bruno Fortichiari. Nel gennaio 1955 i dissidenti escono allo scoperto con una prima lettera aperta indirizzata ai militanti, firmata "i compagni di Azione Comunista". L’apparato degli zelanti funzionari risponde con calunnie e minacce, in perfetto stile stalinista. Cominciano i processi interni, l’accusa è di frazionismo. Colombi, l’inquisitore di Mario Noè è un membro della direzione nazionale. Mario risponde attaccando i burocrati inquisitori: siete voi i traditori della classe operaia. Viene espulso. "Una sentenza che non toccava lui; toccava la classe operaia tutta".
Mario viaggia molto, in compagnia di Seniga, incontrando i compagni di partito che non rispettano l’ordine di isolarlo ed allacciando contatti con rivoluzionari di altre formazioni. Il gruppo nasce ufficialmente nella metà del 1956, assumendo il nome della testata: «Azione Comunista» (AC). A questo punto anche gli altri fondatori vengono espulsi. AC si contraddistingue da subito, oltre che per le critiche ai burocrati, per le coraggiose prese di posizione a favore dei proletari dei Paesi dell’est che si ribellano al falso socialismo: Poznan, Budapest, non si spara sugli operai!
Lo schema di propaganda di AC è quello di sempre: circoli, fabbriche, compagni isolati, gruppi affini, rifiuto del settarismo. Nasce il Movimento della Sinistra Comunista, che vede la temporanea convergenza di formazioni rivoluzionarie dalle diverse origini, AC, i Gruppi Anarchici di Azione Proletaria, il Partito Comunista Internazionalista—Battaglia Comunista, i trotskisti. Mario è fra i più attivi. Quando poco tempo dopo gli sembra di cogliere incertezze nei compagni di AC, le sue simpatie vanno verso la IV Internazionale, ma, anche per il legame politico con Fortichiari, rientra presto sui propri passi.
Il peso delle sofferenze subite negli anni comincia però a farsi sentire; le speranze rivoluzionarie si affievoliscono nel clima del boom, ma il suo contributo alla causa non viene mai meno. Lui non demorde, anche se soffre nel vedere che il tanto auspicato ricambio generazionale non avviene.
Le discussioni con i giovani operai lo galvanizzano: "Buon segno se c’è chi ha voglia di discutere, è segno che il seme germoglia, la pianta attecchisce. Il movimento rivoluzionario è posto di giovani, fintanto che ci saranno e verranno giovani la tradizione sarà portata avanti, i semi diverranno messe".
La fibra di Mario Noè si spezza a 58 anni.
Nel 50° della morte di Mario abbiamo contattato a Parigi il compagno Luca (Aurelio Staletti), che scrisse un bellissimo ricordo di Mario Noè pubblicato su «Azione Comunista» del giugno 1960, da cui sono state tratte le citazioni di questo nostro articolo. Luca ci ha risposto come al solito con grinta e schiettezza, concentrando in poche righe un efficace omaggio a Mario: "Il compagno Mario Noè è stato il mio maestro che mi ha fatto conoscere le nefandezze del partito staliniano. E’ per questo motivo che tutti e due siamo stati espulsi dal partitone che è finito nella merda".
In una piovosa e fredda giornata di inizio aprile 2010 siamo passati dal Musocco. Mario era là, a dirci di andare avanti, perché un seme era stato gettato.
Il seme germoglia, la pianta attecchisce.
A.P.
(Pagine Marxiste)