Il 18 ottobre a Torino è venuto a mancare il nostro caro compagno Massimo Iberti. Un tumore devastante lo ha ucciso in poche settimane. Aveva 69 anni. Ce ne ricorderemo con affetto, come di un compagno sensibile, profondamente convinto delle idee comuniste, con un radicatissimo senso della giustizia sociale, un compagno aperto che sapeva ascoltare e aiutare. La grande partecipazione al suo funerale testimonia della stima che si era guadagnata non solo nel ristretto ambiente dei suoi stretti compagni di militanza politica.
Come “Internazionale”, conoscevamo Massimo dal 2002, ed era diventato un nostro militante. Ma militante lo era di già da molto tempo, sia politico che sindacale, da quando aveva cominciato a lavorare alla Fiat Ferriere negli anni settanta come disegnatore tecnico, prima di far parte dei 30000 lavoratori mandati in cassa integrazione nell'autunno 1980 dalla famiglia Agnelli. Dopo un po' di anni, di studi e di concorsi, aveva ritrovato un lavoro come bibliotecario all'Università, un posto che tutto sommato rispondeva meglio al suo interesse per i libri e per la storia, ma nel quale non aveva dimenticato l’impegno attivo, diventando l'animatore del sindacato Cobas di Palazzo nuovo e il principale redattore del suo giornalino. Lì godeva della stima dei colleghi ed anche degli studenti, che seppero esprimergli solidarietà e sostegno quando ce ne fu bisogno.
Massimo aveva vissuto le lotte operaie degli anni ’70. Come comunista e trotskista aveva anche vissuto le vicende complicate dell'estrema sinistra, dalla LSR a Progetto comunista, aveva poi raggiunto “L’Internazionale” perché vide nel nostro piccolo gruppo l’espressione più coerente delle sue idee comuniste e trotskiste, quelle che aveva scelto e che voleva continuare a difendere. Lo ha fatto fino alla fine, nonostante tutto, nonostante le difficoltà personali e di salute, nonostante un periodo politico diventato sempre più difficile.
Si dice che un uomo che muore è una biblioteca che sparisce, un insieme di ricordi, di conoscenze, di esperienze vissute e di affetti che scompaiono. La nostra memoria è qui per provare a fare sì che non sia completamente vero. La scomparsa del compagno Massimo, il bibliotecario comunista e rivoluzionario dell'Università di Torino, crea un vuoto tra di noi, un vuoto che cercheremo di colmare difendendo le nostre e le sue idee come lui avrebbe voluto continuare a fare.
Ci sentiamo particolarmente vicini a tutti i Suoi in questo momento doloroso e difficile, e a loro vanno tutti i nostri pensieri.