BNP e terrorismo islamista: una questione di fiducia
Si sa che il rapporto del cliente con la propria banca è una questione di fiducia. Quanti spot pubblicitari ce lo ribadiscono, magari nella forma di scenette più o meno divertenti? La scelta comunicativa delle banche è in genere quella simpatica, accattivante, quasi familiare. Il funzionario di banca è un amico solo un po’ più saggio di voi, uno che vi consiglia ma sempre per il vostro bene. In una locandina pubblicitaria del gruppo BNP Paribas si vede un uomo che aiuta un bambino piccolo, seduto sul seggiolino di una bicicletta, ad allacciarsi il casco: “Chi meglio di uno di noi può capirvi?” dice lo slogan. Un’ immagine che trasmette fiducia, tranquillità, sicurezza.
Ma ora che il gruppo francese BNP Paribas, uno dei più importanti del mondo, presente in Italia come Banca Nazionale del Lavoro, è finito alla sbarra, per la seconda volta in due anni, appare chiaro che, oltre che ai risparmiatori europei e americani e al loro tenero mondo piccolo-borghese, le grandi banche cercano di rendersi attrattive anche per clienti…speciali.
Secondo un noto studio legale americano, il Fay Kaplan, specializzato in diritto internazionale, la BNP avrebbe “deliberatamente e consapevolmente” fornito all’organizzazione terroristica al-Qaeda “denaro, sostegno, risorse”. Una vera e propria base finanziaria, che consentì al gruppo islamista di effettuare gli attentati del 1998 alle ambasciate americane in Kenya e in Tanzania. La BNP ha ragione di temere gli avvocati della Fay Kaplan perché sono gli stessi che l’hanno costretta a sborsare 8,9 miliardi di dollari nel precedente processo per l’aggiramento dell’embargo economico statunitense verso Cuba, Iran e Sudan. Proprio nel corso di quel processo si sono poste le basi e si sono raccolti gli elementi per quello attuale. Fu infatti appurato come la banca francese “fungesse da banca centrale per il governo sudanese”, il quale a sua volta fungeva da base logistica e, tramite i servigi delle filiali svizzera e americana della BNP, da finanziatore delle organizzazioni terroristiche direttamente implicate negli attentati che fecero centinaia di vittime.
Ma naturalmente, mentre i familiari delle vittime americane o dei dipendenti kenioti e tanzanesi delle ambasciate possono sperare in un risarcimento, i parenti dei molto più numerosi morti di nazionalità africana che non erano nel libro paga delle ambasciate stesse, non avranno un centesimo. Infatti, alla legge americana che protegge i cittadini statunitensi e i dipendenti stranieri delle amministrazioni statunitensi, non corrisponde in Tanzania e in Kenya nessuna legge analoga. Del resto, se non ci fossero morti di serie “A” e morti di serie “B” non staremmo a parlare di imperialismo! Resta il fatto che la vicenda della BNP allunga la lista dei gruppi capitalistici che pur essendo dei pilastri dell’economia, e quindi dell’ordine, nei paesi “democratici”, trafficano e fanno affari con gli stessi gruppi terroristici, con gli “Stati-canaglia”, che in tutte le occasioni ufficiali giurano di voler combattere.
R.C.