Un altro macchinista morto, un altro incidente ferroviario

Lo scorso 24 settembre, in prossimità di Cisternino di Brindisi, un camion ha superato le barriere di un passaggio a livello mentre stavano chiudendosi ed è rimasto intrappolato sui binari. Il “Frecciargento” 9351 Roma-Lecce è sopraggiunto pochi secondi dopo. Lo scontro è costato la vita al macchinista Giuseppe Campanella di 51 anni, intrappolato nelle fragili lamiere della cabina di guida. Diversi viaggiatori sono rimasti feriti. Un incidente analogo si era verificato pochi giorni prima nei pressi di Foggia, per fortuna senza gravi conseguenze.

Questi incidenti ci ricordano sempre che il mestiere di macchinista continua ad essere uno dei più pericolosi.

È inevitabile che sia così? No. Per quanto una percentuale di rischio sia insita in qualsiasi attività lavorativa, anche se svolta nelle migliori condizioni di sicurezza, qui le cose stanno diversamente. I passaggi a livello costituiscono un fattore di rischio per la circolazione e non a caso sono stati progressivamente eliminati.

Se e quando non vengano eliminati, per mantenere le migliori di sicurezza si imporrebbero misure specifiche.

Queste possono essere diverse, tutte perfettamente possibili ma tutte con un costo: per esempio, una consistente riduzione obbligatoria di velocità in prossimità del passaggio a livello, un apparato che consenta al macchinista di vedere se ci sono o meno ostacoli sui binari, come in questo caso, oppure la semplice presenza della vecchia figura del casellante dal cui consenso far dipendere il transito o meno di un treno che si avvicina.

La sicurezza ha un costo. E la morte del macchinista Campanella non è dovuta soltanto all’incoscienza di un camionista, il cui mezzo del resto avrebbe potuto fermarsi anche solo per un guasto, ma molto di più alla sciagurata noncuranza di chi amministra la rete ferroviaria e mette la sicurezza dei ferrovieri e dei viaggiatori all’ultimo posto nella scala delle priorità.

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