Alla fine di giugno è stato siglato il contratto dei dipendenti del Gruppo FS e quello più generale delle “attività ferroviarie”. Ad una prima lettura del testo si sono confermati i timori che serpeggiavano nella categoria. In modo particolare, sono i capitreno e i macchinisti, cioè gli equipaggi dei treni, che subiscono gli attacchi maggiori. Siamo ormai nella condizione paradossale che un contratto di lavoro firmato nel 2003, e già peggiorativo delle condizioni precedenti, costituisce l’unico appiglio normativo contro le “novità” introdotte da quello successivo. Infatti uno dei commenti più diffusi nei giorni successivi era: “Era meglio se lasciavano tutto com’era”. Il malcontento è generalizzato anche se il clima da ferie e l’aspettativa di qualche spicciolo di indennità arretrate rallentano un po’ i riflessi. Resta il fatto che il nuovo contratto prevede un aumento dell’orario di lavoro settimanale, una riduzione dei riposi e degli intervalli fra un turno e l’altro. Una vita lavorativa ancora più dura e logorante. Se a questo si aggiunge il prolungamento dell’età lavorativa previsto dalla riforma Fornero il quadro del disastro è completo.
In Toscana, anche nei mesi precedenti alla firma (firma che sarà ratificata il 20 luglio) si erano avuti pronunciamenti contrari alle ipotesi di piattaforma. Sia nella Filt-Cgil, con documenti approvati nelle assemblee di Pisa e Lucca, sia nell’Orsa regionale . Ora si tratterà di vedere se alle parole seguiranno i fatti.
Intanto l’Orsa Regionale ha confermato lo sciopero di 24 ore del personale dei treni tra il 19 e il 20 luglio. Come è già successo nel passato, non è detto che i giochi siano conclusi. Un accordo si può ritirare e riscrivere se i lavoratori sviluppano una forza che costringa aziende e vertici sindacali a farlo. Ecco perché bisogna contrastare lo scoramento che rischia di seguire all’indignazione.
Ma in concreto si pone il classico problema del che fare e questo problema può trovare una prima risposta nella organizzazione di quelli che non ci stanno a piegare semplicemente la testa. Bisogna passare dal generico brontolio, dal mugugno diffuso, all’organizzazione di una opposizione seria nella categoria. Cominciando col mettere insieme, impianto per impianto, dei gruppi di macchinisti e ferrovieri che assumano l’atteggiamento e lo spirito di iniziativa del militante del movimento operaio e non più quello della vittima passiva di tutte le porcherie che si combinano a danno dei lavoratori. Non si tratta di fondare nuovi sindacati ma di mettere insieme intanto quelli che possono e vogliono impegnarsi in prima persona, qualsiasi tessera sindacale abbiano in tasca. E si tratta di non farsi togliere di mano l’iniziativa: oggi di assemblee e volantinaggi, domani della direzione delle lotte.
Corrispondenza ferrovieri Toscana