Ucraina - I pericoli per la popolazione

Dietro le minacce e i rumori di guerra


Dopo agli avvenimenti in Ucraina e la caduta di Yanukovich i giornali si sono riempiti di titoli da vigilia di guerra del tipo "avvertimento americano alla Russia" oppure “dimostrazione di forza dell'esercito russo in Crimea", o addirittura “le forze russe avanzano” senza tener conto che in Crimea le forze russe non hanno bisogno di avanzare perché c'erano già. Le minacce con toni da guerra si moltiplicano mentre del futuro dell'Ucraina si discute sottobanco tra le potenze occidentali e la Russia.

Si potrebbe anche sorridere di tutto questo teatro se dietro le quinte non ci fosse una cosa su cui mass media e governi tacciono: la situazione delle classi popolari dell'Ucraina che si sta degradando rapidamente.

Un potere che si sta sciogliendo

Il potere corrotto e odiato di Yanukovich è crollato ma il governo che si è installato con il sostegno delle potenze occidentali stenta a farsi ubbidire, e pure a garantire un certo ordine, perfino nelle regioni che gli sono favorevoli.

Così nell'ovest dell'Ucraina, roccaforte della destra e dell'estrema destra, le bande nazionaliste hanno investito e saccheggiato numerosi commissariati e spesso cacciato le autorità dalle città e cittadine dove dettano legge. Questa vuoto di potere si ritrova anche, per altri motivi, nelle regioni orientali, che complessivamente si oppongono al nuovo governo di Kiev. Là il governatore o il sindaco della capitale regionale sono scappati; qua non ne vogliono sapere degli ordini ricevuti dalla capitale. Sulle strade tra Kiev e una capitale regionale i pullman possono essere fermati parecchie volte da bande armate che ordinano ai viaggiatori, sotto la minaccia delle percosse, là di cantare un inno ucraino e qua di accennare un'aria patriottica russa. Nelle città di provincia, ad ovest come ad est o nel sud del paese, gruppi di nazionalisti pattugliano apertamente.

Pesanti sacrifici programmati

In quanto al governo di Kiev, nonostante risulti pressoché impotente di fronte a questi avvenimenti, non risparmia annunci che non prospettano niente di buono per i più poveri. Il nuovo primo ministro Yatseniuk ha subito dichiarato che avrebbe chiesto “severi sacrifici”. Da parte di chi? Certamente non da parte dei parassiti che nuotano nell'oro, gli oligarchi. Questi personaggi che hanno cristallizzato l'odio di molti manifestanti perché emblematici della corruzione del potere precedente e del saccheggio del paese, si ritrovano ad appoggiare il nuovo governo. Un esempio è Rinat Akhmetov, l'uomo più ricco d'Ucraina una volta protetto da Yanukovich e che ormai ha voltato gabbana. È chiaro allora: quelli che dovranno pagare e che già pagano pesantemente il caos che si sta instaurando, sono i lavoratori, la popolazione povera.

In molte città al momento della caduta di Yanukovich i beni di consumo correnti sono scomparsi per riapparire poco tempo dopo, ma molto più cari. Dopo l'annuncio di una prossima svalutazione e la caduta repentina del corso della moneta ucraina, la grivna, i prezzi sono divampati, e non solo quelli dei prodotti d'importazione. La “democrazia” vantata dai nuovi dirigenti e dai loro sostegni occidentali apparentemente non ha prezzo. E infatti non ne ha per gli imbroglioni vicini al potere che ne approfittano per fare buoni affari a danno della popolazione.

Tra i lavoratori, di cui il potere d'acquisto dello stipendio è crollato in poche settimane, si diffonde una preoccupazione immediata, collegata allo scioglimento del potere: i salari saranno pagati, e quando? Di più: la banca centrale ha appena vietato i prelievi bancari da più di 1000 euro al giorno, una misura che bersaglia chi ha un conto ben riempito e vorrebbe far uscire i soldi dal paese. Per quelli molto ricchi, è già cosa fatta. Ma per milioni di persone questo ricorda i tempi difficili della fine degli anni 1990, quando le banche locali erano fallite inghiottendo i conti dei piccoli depositanti.

Da quel momento queste banche sono in gran parte passate sotto controllo di gruppi finanziari dell'ovest europeo. I crediti che hanno concesso, generalmente in valute forti, oggi strozzano i debitori che si tratti di singoli o di aziende.

Contro i lavoratori

Oggi lo Stato ucraino e le aziende sono piene di debiti. Si fa la cifra di una trentina di miliardi di euro da trovare nei prossimi due anni. Da parecchie settimane la stampa finanziaria americana ed europea è preoccupata per i banchieri occidentali di cui alcuni si potrebbero ritrovare con conti in rosso, e questo tanto più che l'Unione europea non vuole o non può prestare somme di questo genere. In quanto al Fondo monetario internazionale, accetta di discutere solo dopo il varo di “riforme strutturali” per le quali ci vorrebbero anni mentre significherebbero subito una valanga di chiusure di aziende e la fine delle sovvenzioni ad alcuni settori industriali e al consumo energetico dei singoli.

È chiaro che le nuove autorità installatesi a Kiev devono soprattutto garantire gli oligarchi, odiati dalla popolazione e i banchieri occidentali, che hanno il paese nelle loro grinfie. E per fare questo ci vorrà una austerità “alla greca” con licenziamenti di massa, ribassi dei salari e delle pensioni, soppressioni di servizi pubblici, ecc, che i nuovi governanti intendono imporre alla popolazione lavoratrice.

Assente dalla scena della crisi ucraina la classe operaia del paese potrebbe essere costretta a rientrarci, fosse solo per tutelare le proprie attuali condizioni d'esistenza, anche se poco invidiabili. Comunque non avrà altra scelta se non vuole essere la principale vittima dei possidenti locali e internazionali.

PL