Slogan contro il governo e i partiti che lo sostengono. Duramente contestato il sindaco Fassino
Da anni non si vedeva a Torino un Primo Maggio così partecipato. Diverse migliaia di lavoratori hanno sfilato in un corteo movimentato da slogan contro il governo e la sua politica economica che sta massacrando salari, posti di lavoro e servizi sociali.
Forse per la prima volta da quando Monti si è insediato a Palazzo Chigi, il profondo malessere sociale ha dismesso i panni della passività e della disperazione per assumere un più confortante e positivo carattere di contestazione attiva contro chi, a livello nazionale e locale, sta infierendo sulle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie.
La manifestazione era appena iniziata che già esplodeva la prima forte protesta, in quel caso nei confronti del sindaco Fassino, che veniva contestato da centinaia di borsisti e studenti dell’università raggruppati in un punto di via Po in attesa di entrare nel corteo. Al passaggio del sindaco la polizia li caricava brutalmente a colpi di manganello e procedeva a quattro fermi. Tutto inutile, perché i giovani, lungi dal disperdersi, rimanevano uniti reclamando il diritto di entrare nel corteo. La determinazione veniva infine premiata e il loro ingresso era salutato dagli applausi di molti manifestanti che avevano assistito alla scena.
La contrarietà alla presenza delle istituzioni nel corteo si esprimeva poco dopo in un’invocazione collettiva affinché il Partito Democratico abbandonasse la manifestazione in quanto sostenitore del governo Monti.
Nemmeno il comizio conclusivo in piazza S. Carlo era risparmiato dalla protesta. Un sindacalista della Cisl veniva più volte fischiato e esortato ad andarsene. Lavoratori “esodati”, operai in cassa integrazione e giovani precari gridavano la loro rabbia verso chi nelle piazze accusa il governo di ingiustizia sociale salvo poi, nei palazzi del potere, capitolare ad ogni manovra finanziaria.
La contestazione raggiungeva livelli altissimi quando Fassino prendeva la parola. Alle educatrici dei nidi e delle materne comunali si univano gli operatori sociali che assistono anziani e disabili, ben presto seguiti da molti altri manifestanti presenti in piazza. Il frastuono seppelliva la voce del sindaco che doveva terminare anzitempo il suo intervento. A Fassino venivano ricordate le promesse elettorali disattese. Invece di potenziare i servizi sociali, a partire da quelli più essenziali, il primo cittadino ha mostrato, sin dall’inizio del mandato, una spiccata sensibilità nei confronti delle fondazioni bancarie cercando lì quei finanziamenti statali venuti meno. Fassino ha messo in cantiere numerosi progetti di privatizzazione dei servizi promettendo alle banche il loro ingresso nella gestione della cosa pubblica. Asili nido e scuole materne rischiano oggi l’esternalizzazione, i salari degli operatori sociali sono bloccati da mesi e il loro organico continua ad essere drasticamente ridotto. A fine manifestazione ancora proteste di precari sotto il municipio e, nel pomeriggio, la ministra Fornero, presente in città per una cerimonia istituzionale, veniva contestata da disoccupati e da giovani dei centri sociali.
Il Primo Maggio torinese fa dunque ben sperare in un risveglio della coscienza di molti lavoratori oggi un po’ assopita, soprattutto quella di avere la forza necessaria per battere il nemico di classe. Ciò sarà possibile solo uscendo dalla frammentarietà della protesta, dalla passività del mugugno e dai tanti, troppi gesti autolesionistici dettati dalla disperazione.
Corrispondenza da Torino