Torino - La Fondazione Musei ritira i 28 licenziamenti

Un risultato ottenuto grazie alla lotta dei lavoratori licenziati. Ora occorre vigilare affinché il mantenimento dei posti di lavoro diventi definitivo


I 28 lavoratori della Fondazione Musei di Torino non saranno più licenziati. La loro vicenda si è conclusa con l’accordo siglato il 27 febbraio da Regione, Comune, Fondazione, Rsu, Cgil e Uil dopo più di due mesi di inconcludenti trattative che avevano lasciato i lavoratori nella più assoluta incertezza sul loro futuro lavorativo. La Regione, con un contributo di 500.000 euro “salva” i 14 dipendenti del Borgo Medievale e i 7 della biblioteca della Galleria d’arte moderna (GAM), il Comune ne riassorbe altri 4 già alle sue dipendenze e si prende in carico i 3 del Museo della Resistenza, che rischiavano di finire in qualche non meglio precisata partecipata e senza sapere con quale contratto sarebbero stati inquadrati. Resta l’incertezza del futuro del Borgo Medievale, che sarà smantellato e riorganizzato, non si sa come e quando, dal Comune.

Nella corrispondenza dello scorso numero de L’Internazionale abbiamo dato ampia eco alla notizia della lotta dei 28 lavoratori della Fondazione Musei che, proprio a ridosso delle feste di fine anno si erano visti recapitare il biglietto di auguri di “buon licenziamento”. La Fondazione Musei, tra i cui soci figurano Regione, Comune, Fondazione CRT e Fondazione Compagnia di San Paolo, decideva così di sacrificare i 28 lavoratori per ripianare il bilancio profondamente in rosso. Non si può non sottolineare che il deficit era conosciuto dai vertici della Fondazione e delle istituzioni locali sin dal marzo scorso, ma comunicato ai lavoratori interessati solo a dicembre. Ciò la dice lunga sull’importanza di lottare affinché i conti, quelli veri, siano sottoposti al controllo dei lavoratori.

La corrispondenza, redatta a metà gennaio, si concludeva con il seguente commento: «Non sappiamo come si concluderà questa vicenda. Una cosa è certa, se i lavoratori dei musei di Torino salveranno il posto di lavoro lo dovranno solo alla loro capacità di lottare uniti contro chi subordina la cultura, come altro settore della vita economica e sociale della città, alla logica del profitto». E ciò è avvenuto. In questi mesi i 28 licenziati non si sono fatti vincere dalla demoralizzazione scendendo in piazza per far conoscere alla città la loro situazione e il comportamento delle istituzioni che fino all’ultimo non hanno assunto impegni chiari e concreti per quanto riguarda il ritiro dei licenziamenti. Un comportamento che ha assunto in vari momenti il carattere della provocazione. Basti ricordare quello della sindaca Appendino che non solo è sfuggita più volte al confronto con i lavoratori, ma ha tentato di sfruttare a fini elettorali il dramma di questi lavoratori inserendo nel manifesto delle “100 cose fatte”in 20 mesi di governo cittadino il “riassorbimento dei 28 esuberi della Fondazione Musei. Una vera e propria “fake new” visto che a quel momento non si era andati aldilà di generici impegni a ricercare improbabili soluzioni.

La lotta, per ora, ha avuto la meglio. I lavoratori devono però vigilare affinché il mantenimento del posto di lavoro diventi definitivo. Il rischio che il problema si ripresenti l’anno prossimo è reale. I soldi stanziati dalla Regione, infatti, sono stati messi nel bilancio dell’anno corrente e potrebbero non essere garantiti anche per il 2019, anno in cui si terranno le elezioni regionali in Piemonte. Niente assicura che la Giunta che verrà mantenga il fondo di 500.000 euro stanziato oggi. Una nuova mobilitazione non potrà non vedere un maggiore coinvolgimento di tutti i lavoratori dei Musei perché nessuno di loro può sentirsi al riparo da futuri tagli dei posti di lavoro da parte di chi ha dimostrato di considerare i propri dipendenti meri numeri da sottrarre nelle operazioni di bilancio e “risorse umane” da sacrificare in nome del ripianamento dei conti in rosso.

Corrispondenza da Torino