Venerdì 14 giugno in Svizzera, su iniziativa di un collettivo di sindacati e associazioni, centinaia di migliaia di donne sono scese in strada o hanno interrotto il lavoro alle 15.24, l'ora alla quale ritengono di non essere più pagate.
Tra l'altro sono state 70 000 a manifestare a Zurigo, e 40 000 a Basilea. Questa dimostrazione si svolgeva 28 anni dopo un'altra che aveva già riunito 500.000 donne e infatti, anche se da quel momento alcune cose sono cambiate, esse ritengono giustamente che l'uguaglianza tra donne e uomini non esiste ancora.
Le donne protestano contro la discriminazione sul lavoro, contro la differenza di retribuzione a parità di lavoro, contro la doppia giornata, contro la violenza di genere e sessuale, ma anche contro il disprezzo o l'invisibilità delle casalinghe, che sono il 32 per cento in un paese in cui la disoccupazione è praticamente inesistente. Quelle che lavorano lo fanno con una differenza salariale media del 20% circa rispetto all'altro sesso. Come nella maggior parte dei paesi del mondo, hanno difficoltà a trovare un lavoro dopo la maternità, a fare riconoscere le proprie competenze ed a conciliare la maternità con un'attività professionale.
Le donne sono proporzionalmente più numerose nei lavori delle pulizie, i lavori precari, a tempo parziale e scarsamente retribuiti. In questo paese, considerato ricco e sviluppato, è stato concesso loro il diritto di voto solo nel 1971, il congedo di maternità esiste solo dal 2005 e la settimana lavorativa è di 42,30 ore sia per gli uomini che per le donne. La legge svizzera che definisce lo stupro rimane molto restrittiva.
Le donne si sono organizzate per fare lo sciopero delle attività domestiche e dell'assistenza all'infanzia, oltre agli scioperi sul posto di lavoro laddove lo potevano fare. A seconda dei cantoni, le autorità hanno giudicati che tali scioperi erano illegali, costringendo le donne a prendersi un giorno di ferie.
Chiedono "più tempo, più soldi e più rispetto". Il loro sciopero è una protesta tanto contro i salari bassi quanto contro questa organizzazione sociale diretta dalla ricerca del profitto, che favorisce ogni forma di oppressione. E quella che colpisce le donne non è la meno importante.
Inès Rabah