Venerdì 7 settembre si è svolta a Torino una manifestazione organizzata dal sindacato europeo dell'industria (cui aderiscono oltre la Fiom anche la Fim e la Uilm) per protestare contro il piano di ristrutturazione dell'Iveco che prevede la chiusura di 5 siti produttivi e mette a rischio ben 1.100 lavoratori europei del gruppo.
La protesta si è svolta davanti alla sede della capogruppo Fiat a Lingotto ed ha visto la partecipazione di operai tedeschi, francesi, spagnoli, polacchi, cechi, austriaci e, naturalmente, italiani.
Lo scopo della manifestazione, dalla quale si sono dissociate guarda caso Fim e Uilm, è stato quello di cercare di spingere l'azienda ad un confronto a livello europeo per ciò che riguarda il suo piano industriale, se esiste, confronto al quale l'Iveco non vuole sottoporsi.
Di fronte all'internazionalizzazione del capitale, delle sue crisi e delle conseguenze nefaste delle sue scelte per gli operai di qualunque paese, persino un organismo non certo rivoluzionario come questo coordinamento sindacale europeo comincia a porsi il problema di un'azione che vada al di là delle frontiere nazionali e delle ideologie patriottarde che servono non certo a limitare l'azione dei grandi gruppi economici, i quali si fanno beffe di un simile ciarpame propagandistico,ma sicuramente a dividere i lavoratori facendo loro sperare che il peggio accada sempre agli altri e che quando invece accade a loro che la colpa sia di quelli come loro ma che lavorano da un'altra parte del mondo.
Può darsi che quello di Torino sia un piccolo segnale del fatto che alcuni operai cominciano di nuovo a ragionare come classe internazionale. Certamente ancora in modo impreciso, settoriale, limitato, con azioni guidate da dirigenti, se tutto va bene, velleitari e tradunionisti. Ma la strada è certamente questa. La strada del collegamento internazionale dei lavoratori, del coordinamento delle lotte sindacali almeno a livello europeo, nella prospettiva che le lotte comuni porranno inevitabilmente all'ordine del giorno la necessità anche di una politica comune ed indipendente della classe operaia. Gli avversari sociali lo sanno bene ed è anche per questo che Iveco (con la sua corte dei miracoli collaborazionista) rifiuta il confronto europeo.
Corrispondenza Torino