Stellantis Sud: Come gli operai reagiscono al dispotismo aziendale

Quello che il padronato teme di più sono i blocchi prolungati degli stabilimenti e della produzione, così come è successo per i 21 giorni di Melfi, nel 2004. Anche se da allora non ci sono stati scioperi di quella portata, le fabbriche in cui si producono auto non sono pacificate. Per giorni la notizia degli scioperi nella fabbrica Fca/Stellantis di Pomigliano d’Arco a Napoli, per le disumane condizioni di lavoro, ha circolato sopratutto sui social; ovviamente, la notizia è stata, invece, silenziata dalla stampa e dalle Tv nazionali.

L’estate scorsa a Pomigliano gli operai avevano già protestato uscendo dalla linea, perché erano costretti a lavorare con un caldo insopportabile, tanto da svenire. Da allora le cose non sono migliorate: i ritmi di lavoro sono insostenibili; le condizioni di chi lavora nello stabilimento sono peggiorate; le malattie professionali aumentano, molti operai continuano a lavorare nonostante le disabilità e i dolori causati dal lavoro in fabbrica. Stellantis vuole realizzare margini di profitto più alti, con richieste al rialzo della produttività, infliggendo carichi di lavoro impossibili da sostenere, a Pomigliano come in altri stabilimenti.

Quello che invece sta funzionando bene è il drastico taglio del personale annunciato e realizzato da Carlos Tavares, con l’escamotage delle ‘’uscite incentivate’’: dal 2021 circa 7000 lavoratori in meno e altri 2000 o forse più usciranno nel 2023. Il fatturato, invece, è aumentato: nel 2022 a 179,59 miliardi di euro rispetto ai 152,11 del 2021; l’utile netto nel 2022 è stato di 16,77 miliardi, in crescita rispetto ai 13,35 miliardi dell’anno precedente. Per i lavoratori, al contrario, le condizioni sono peggiorate: le striminzite azioni di contrasto messe in campo dai sindacati confederali sono inefficaci per riequilibrare i rapporti di forza, anzi al contrario, come accennato, il dispotismo interno è aumentato.

Come esempio di dispotismo aziendale, a Melfi per risparmiare alcuni servizi sono stati ridotti all'osso, compreso quello delle pulizie. In linea, nei bagni, la mancanza di pulizia si vede, si sente. I contenitori dei rifiuti sono pieni, traboccano; i bagni sono sporchi e negli spogliatoi sono comparsi dei topi, immortalati con una foto.

Gli operai dal canto loro devono correre a ritmo serrato per continuare a produrre più di 400 auto a turno, non hanno un secondo per raccogliere i rifiuti, per accollarsi anche questo lavoro che prima svolgeva l'impresa di pulizia. Pochi mesi fa, è arrivato un mega-manager che ha notato i rifiuti, si è lamentato con i manager locali che a loro volta, dopo la strigliata, hanno invitato i gestori operativi a redarguire gli operai in linea, ordinandogli di pulire. Insomma, tutta la vicenda ricorda i film di Fantozzi: il mega-manager striglia i sottoposti che, a ritroso nella catena gerarchica, se la prendono con il gestore operativo e questo a sua volta con gli operai in linea che, con tutto quello che hanno da fare, devono già correre come lepri per non uscire dalla postazione. Rabbia, sconcerto e la consapevolezza di aver subito per l'ennesima volta una richiesta assurda, ingiusta, un abuso perché i tagli delle spese di gestione non possono riversarsi sulle spalle di operai già spremuti come limoni. Viaggiare a più di 400 auto a turno, per 7 ore e 30 di lavoro, non è una passeggiata.

Forse i capi, invece di ripetere il solito ritornello sulla “grande famiglia” produttiva, dovrebbero passare un paio di anni in linea, condividere il lavoro, la fatica, l'alienazione, prendendo lo stesso stipendio degli operai, circa 1600 euro per capire (1300 con la cassa integrazione), ma così non è, e forse anche questo non basterebbe. Cosa farà il sindacato in termini tattici e strategici è ancora da vedere. Per il momento nello stabilimento di Pomigliano due scioperi, dal 10 al 13 maggio e poi il 27, indetti dalla Fiom; la partecipazione è stata alta, il 70% secondo la Fiom. Il 31 Maggio, un altro sciopero chiamato da USB nello stabilimento di Atessa, anche lì gli operai stanno sostenendo ritmi infernali e condizioni di lavoro disumane.

Le decine di migliaia di operaie e operai che consumano le loro vite e la loro salute negli stabilimenti Stellantis, in Italia e altrove, sono stufi di soprusi, concertazioni e strategie di ‘’raffreddamento’’ dei conflitti; e se dall’accettazione passiva si passa alle lotte, uno scenario auspicabile dopo anni di sfruttamento, le famiglie Agnelli e Peugeot e il loro management, oltre a compiacersi per i profitti miliardari e i dividendi, avranno una bella gatta da pelare.

Corrispondenza Stellantis