La burocrazia sindacale è fatta più o meno della stessa pasta in tutti i paesi. Così non stupisce che i dirigenti del sindacato americano trovino parole di apprezzamento per Marchionne, amministratore delegato della Fiat e della Chrysler. Una stima perfettamente ricambiata dal manager nostrano che in un’intervista a un giornale americano ha dichiarato: "I leader del sindacato UAW hanno capito completamente la nostra situazione" e ha concluso: "Staremo bene insieme fino a quando saremo d’accordo sulla necessità di essere l’impresa più competitiva". Marchionne finge di ignorare che, malgrado il controllo dell’apparato sullo svolgimento del congresso dell’UAW, il sindacato dei lavoratori dell’automobile, che si è tenuto dal 14 al 17 giugno scorsi a Detroit, il malcontento e la contestazione della politica della direzione sono riusciti ad esprimersi e hanno segnato il congresso.
Arretramento catastrofico del sindacato
Il sindacato conosce una vera emorragia di iscritti. Nel 1979 esso contava un milione e mezzo di associati ma oggi non ne conta più di 355 mila. Appena lo scorso anno l’UAW ha perduto 76 000 iscritti. I licenziamenti e le chiusure di imprese pesano evidentemente per molto, ma anche la direzione del sindacato ne è responsabile. Da decine di anni essa porta avanti una politica filo-padronale facendo accettare ai lavoratori diminuzioni di salario, riduzioni di prestazioni sociali, un aggravamento delle condizioni di lavoro e la soppressione di migliaia di posti di lavoro. Secondo le cifre citate dallo stesso Bob King, appena eletto presidente dell’UAW, queste concessioni sono stimabili tra i 7000 e i 30000 dollari per ogni lavoratore dell’industria automobilistica negli ultimi cinque anni.
Una contestazione difficile da nascondere
Tutta una serie di risoluzioni sono state adottate da diverse sezioni sindacali per protestare contro l’adozione di un salario ridotto della metà per i nuovi assunti, contro la riduzione della copertura medica dei pensionati, contro l’impegno a non fare sciopero che l’UAW ha accettato sia alla General Motors, sia alla Chrysler, contro la pratica dei dirigenti sindacali nazionali di concedere ai padroni nuovi sacrifici passando sopra alla testa delle sezioni sindacali interessate, reclamando il diritto dei pensionati di votare sulle misure che li riguardano o le elezioni dei responsabili da parte della base, ecc.
Ma queste risoluzioni sono semplicemente scomparse al momento dell’apertura del congresso e quindi non sono state oggetto di nessun dibattito e di nessun voto. Non sono nemmeno state inserite nella pubblicazione che contiene le risoluzioni delle sezioni sindacali. Non di meno, alcune sezioni hanno fatto conoscere la loro risoluzione distribuendo dei volantini all’entrata del congresso e anche la stampa ne ha parlato.
Un candidato operaio contro il candidato ufficiale
È stato tanto più difficile, ai dirigenti sindacali, soffocare tutta la contestazione, dato che un delegato, responsabile sindacale dell’officina di camion Ford a Detroit, Gary Walkowicz, è stato votato dalla propria sezione come candidato alla presidenza del sindacato contro Bob King, il candidato ufficiale. Questo ha costituito un avvenimento politico perché è la prima volta dal 1992 e la terza in più di sessant’anni che qualcuno si presenta contro il candidato ufficiale alla presidenza del sindacato.
La candidatura di Gary Walkowicz contro Bob King esprime chiaramente la disapprovazione della politica della direzione sindacale e la volontà di opporsi ai sacrifici. Sei mesi fa Walkowicz e gli operai della sua officina erano sul punto di trascinare i lavoratori dell’insieme delle officine Ford a rifiutare i nuovi sacrifici che i dirigenti sindacali volevano far loro accettare. Gli operai dell’officina di camion fischiarono in massa King , venuto per incitarli a votare sì. E il 70% dei lavoratori Ford ha votato no. Opporsi alla candidatura di King, è stato farsi portavoce di tutti quelli che non vogliono accettare tali arretramenti.
Davanti a questa doppia candidatura, i dirigenti del sindacato hanno dovuto procedere al voto nominale dei delegati fino a che il candidato ufficiale ha ottenuto il 51% dei voti, ovvero 2115 voti. Gary Walkowicz ha ottenuto 75 voti. Ossia il 3% dei voti il che non è male se si tiene conto del contesto e delle fortissime pressioni dell’apparato sindacale. Si trattava di dare un’espressione pubblica a tutti quelli che, sempre più numerosi, si oppongono alla politica di collaborazione con i padroni. La stampa ha largamente riportato il senso di questa opposizione che si è indirizzata, al di là dei delegati del congresso, ai lavoratori stessi.
I dirigenti, contenti di loro stessi, cercano di illudere i lavoratori
Di fronte al malcontento degli iscritti, i dirigenti del sindacato hanno sentito il bisogno di giustificarsi dichiarando per esempio: "questi ultimi otto anni, abbiamo dovuto adottare una strategia tanto difensiva per salvare l’industria". "Abbiamo ora l’occasione per rimettere a posto le cose", ha promesso King.
L’ex-presidente, che se ne va in pensione, ha affermato: "Abbiamo fatto quello che bisognava fare per salvare l’industria e per salvare i posti di lavoro". Quanto al presidente della confederazione che raggruppa la maggioranza dei sindacati degli Stati Uniti, l’AFL-CIO, Richard Trumka, ecco come si è rivolto al congresso: "Grazie alla chiaroveggenza e al coraggio dell’UAW, grazie all’impegno del presidente Obama e al sostegno dei nostri amici al parlamento, noi stiamo salvando l’industria automobilistica americana. I tre più grandi costruttori americani fanno di nuovo dei profitti. Noi salutiamo il loro successo. E noi chiediamo loro di comportarsi così bene con i lavoratori come questi si sono comportati con loro. Perché, così come i sacrifici sono stati condivisi nei momenti difficili, dovranno esserlo anche i guadagni nei momenti di crescita".
Inutile dire che è illusorio contare sulla buona volontà dei padroni, cosa che Trumka si guarda bene dal dire.
I contestatori da parte loro hanno messo a profitto il congresso del sindacato per chiamare i lavoratori a prepararsi a resistere ai sacrifici supplementari al momento del rinnovo dei contratti l’anno prossimo, e oltre a questo, "a riprendersi quello che hanno loro rubato".