Solo la lotta ci darà un futuro

Le previsioni economiche: crescita quasi a zero, aumento della disoccupazione.


Il 2011 sarà forse anche peggiore del 2010, così ci dicono le fonti più accreditate del mondo economico a proposito dell’Italia. In altre parole, se anche il prodotto interno lordo crescerà di uno stentato 0,90 o anche 1 per cento, i posti di lavoro diminuiranno ancora. Si dice e si scrive che alcune grandi economie, come quella tedesca o quella americana, sono in fase di ripresa consolidata, anche se, come avverte il Fondo Monetario Internazionale, la crescita mondiale nel 2011 sarà "leggermente più lenta"e rimangono "non irrilevanti rischi al ribasso" legati, in Europa soprattutto, al debito pubblico. Nel frattempo crescono i consumi di lusso, segno inequivocabile che la parola crisi non ha lo stesso significato per tutti.

I festini del Cavaliere hanno ancora una volta attirato su di lui le attenzioni dei procuratori, trascinando nello stesso tempo il mondo politico in interminabili dibattiti. L’organizzazione su scala industriale della prostituzione a beneficio suo e di qualche cortigiano privilegiato non è sembrato per niente scandalosa alla sua incredibile corte di leccapiedi. La miglior difesa è l’attacco. E così tutti i volti noti del Centrodestra politico e giornalistico, si sono scatenati più ringhiosi che mai. Nei programmi televisivi sembravano lanzichenecchi armati di scuri e di mazze ferrate contro esponenti del Centrosinistra che continuavano a usare il fioretto.

Ma se in occasioni come questa gli schieramenti politici appaiono su posizioni opposte e inconciliabili, sul piano economico e sociale le distanze non sono così forti.

Tutte le soluzioni prospettate dai politici nostrani alla maggioranza della popolazione si riassumono in una parola: "speranza".

Le varie soluzioni, suggerite o applicate, sono strutturate in due tempi: per cominciare diminuiamo i trasferimenti agli enti locali o alla scuola, e questo comporta da subito la perdita di migliaia di posti di lavoro, ma, in un secondo tempo, quando i bilanci dello stato saranno più forti, evitato il pericolo di grandi speculazioni sui titoli del debito pubblico, lo stato tornerà a investire oppure potrà diminuire le tasse, favorendo in ogni caso la crescita economica, e, si spera, aumenteranno i posti di lavoro. Lo schema dei due tempi si ripete in tutti gli ambiti, in tutte le aziende e in tutte le amministrazioni, dovunque si tratti di tagliare posti di lavoro o salari, dovunque si tratti di sostituire con una situazione di precarietà un’altra di lavoro stabile. Prima arriva la fregatura, che è sempre inevitabile, necessaria,europea, imposta dalla globalizzazione, ecc.; poi, si dice, si prospetta, si ha fiducia, si spera che…la disoccupazione venga riassorbita, migliorino le condizioni di lavoro, migliorino i salari. Ma nei mesi e negli anni che passano tra la realtà che stanno vivendo e il libro dei sogni annunciato, o meglio, sperato, che dovrebbero fare i lavoratori e soprattutto i disoccupati? Sperare!

In una situazione del genere, è normale che un personaggio come Marchionne mieta successi e riscuota consensi non solo negli ambienti governativi ma anche nel principale partito di opposizione. Gli operai di Mirafiori, per quel poco che televisioni e giornali li hanno fatti parlare, raccontavano di un lavoro che logora, che lascia segni permanenti sul fisico: patologie come l’epicondilite o le varie forme di infiammazioni ai tendini che producono danni irreversibili ai polsi o alle mani. Un incremento del ritmo di lavoro, con una riduzione delle pause, significa un logoramento fisico più accentuato. Ma di questo non hanno il coraggio di parlare tutti gli sputasentenze che, senza aver mai fatto un giorno di lavoro, con le loro faccette aristocratiche, ripetono come in un ritornello che la Fiom è troppo ideologizzata e che tutti dobbiamo accettare dei sacrifici.

Altro che ideologia! Qui si parla della salute degli operai. E tutti sono disposti a metterla in gioco nell’illusione di mantenere alla Fiat una quota di mercato più grande. Quello dell’amministratore delegato Marchionne è stato un capolavoro di illusionismo: ha convinto sindacalisti amici , politici e giornalisti, di offrire un avvenire ai lavoratori e alle loro famiglie in cambio dei sacrifici richiesti subito. Come si fa, di questi tempi, a rifiutare un’offerta così allettante? Naturalmente nell’accordo su Mirafiori non c’è una riga che impegni la Fiat a fare gli investimenti di cui tutti parlano e meno che mai c’è l’impegno a mantenere un determinato livello di occupazione. Ma che importano questi dettagli!

La verità è che, una volta ancora, la borghesia italiana si rivale sulla classe operaia per recuperare quella parte di profitti che la sua inerzia il suo parassitismo e la sua ingordigia non le fanno cogliere con l’ammodernamento dell’apparato produttivo. Quanti scodinzolano attorno a Marchionne, raccontando e raccontandosi di sostenerne la causa in nome della modernità, rafforzano non solo il padronato e i suoi privilegi contro gli operai, ma anche la sua tendenza più arretrata e parassitaria.

La vicenda Fiat ha rapidamente assunto un valore simbolico per tutti i lavoratori e per tanti giovani che nei mesi scorsi hanno animato i cortei contro la "riforma" Gelmini e i tagli all’Istruzione. La denuncia della Fiom sul carattere ricattatorio di referendum come quelli di Pomigliano prima e di Mirafiori poi, hanno rimesso in moto la fiducia di poter resistere e di non dover sempre chinare la testa e hanno investito questa organizzazione di un carico di aspettative che, probabilmente, spaventa i suoi stessi dirigenti.

In ogni caso, questa ritrovata attitudine alla lotta e al senso della solidarietà di classe, che vari importanti settori della Fiom stanno dimostrando, è un’occasione per tutto il mondo del lavoro. Con le loro lotte coraggiose i metalmeccanici della Fiom stanno facendo qualche cosa di importante e nuovo. Stanno dimostrando che si può dire di no alle continue pretese padronali, no all’azzeramento dei diritti e della contrattazione nazionale. È un incitamento alla lotta per tutti noi. Non bisogna lasciar passare questa occasione.