Da giorni è in corso una campagna adoperata da Obama e i dirigenti degli Stati-Uniti, accompagnati dal presidente francese Hollande che da fedele cagnolino li segue e addirittura li precede, per preparare gli animi ad un intervento militare occidentale in Siria.
Infatti, dall'inizio della guerra civile siriana, i dirigenti occidentali esitano sul da fare. Bisogna sostenere militarmente l'opposizione ad Assad, in questo caso in che modo, e al tempo stesso come provare a mantenere la stabilità dell'ordine imperialista nella regione?
Come sempre quando preparano una guerra i dirigenti occidentali sbandierano pretesti umanitari. Ma le sorti delle popolazioni siriane non c'entrano per niente nei loro calcoli. Il ricorso ai gas tossici indicato da Obama e Hollande come una “linea rossa” da non varcare, viene dopo due anni di combattimenti che hanno già fatto 100 000 morti, 2 milioni di profughi ed enormi distruzioni. Per la popolazione siriana presa tra l'incudine e il martello, la linea rossa da tempo è stata superata.
La dittatura di Bashar Al-Assad, oggi denunciata dai dirigenti occidentali e i loro pennivendoli, recentemente era ancora del tutto rispettabile per loro. Così Assad fu l'invitato d'onore della sfilata del 14 luglio 2008 a Parigi: non è la dittatura che dà fastidio ad Obama, Hollande e i loro simili. Ma dopo la “primavera araba” del 2011 e le prime manifestazioni contro il regime, si sono organizzate bande armate con il sostegno del Qatar e della Turchia che vi vedevano l'occasione di sbarazzarsi di Assad. L'azione militare di queste bande ha preso il posto di quella della popolazione. I dirigenti occidentali hanno appoggiato l'operazione, volendo cogliere l'occasione di indebolire Assad e forse di sostituirlo con un'altra dittatura più disposta a servire i loro interessi.
Ma ecco, due anni dopo il massacro va avanti, il regime si mantiene e il suo esercito conserva capacità di repressione contro la popolazione e di resistenza ad un eventuale intervento occidentale. Dalle parti dell'opposizione non emerge alcuna direzione politica credibile.
Infatti non basta che Hollande abbia ricevuto all'Eliseo il presidente di una “Coalizione nazionale siriana” come ha fatto il 29 agosto perché quest'ultima sia capace di sostituire il potere di Assad. Nessuno controlla davvero le varie bande armate opposte al regime, anche se raggruppate dietro la sigla di “esercito siriano libero”. Ognuna fa la propria legge nel suo pezzo di territorio, di quartiere o di strada. Il comportamento di alcune di queste bande, tra l'altro le milizie islamiste legate o meno ad Al-Qaida, respinge la popolazione dalla parte di Assad, nonostante le atrocità attuate dall'esercito.
Oggi le potenze occidentali parlano di “punire” la dittatura siriana bombardando il paese, ma non di rovesciare il dittatore. Anche se riuscissero ad abbatterlo, non saprebbero con chi sostituirlo. Ma se alla fine decideranno di intervenire, ovviamente non sarà per i motivi umanitari che invocano, né per proteggere il popolo siriano. I missili, se saranno sparati, certamente cadranno su di lui aggiungendosi ad altri.
Ciò che preoccupa i dirigenti occidentali è piuttosto il fatto che ultimamente sembra che il rapporto delle forze militari sia evoluto a favore del regime. Per questo, se le potenze imperialiste vogliono conservare una possibilità di influire in una soluzione alla crisi siriana, hanno bisogno di ristabilire l'equilibrio a favore dell'opposizione armata. E poi, prima di un vertice del G20 in cui i dirigenti occidentali pensavano di poter negoziare con la Russia, che protegge il regime, volevano almeno mettere la loro minaccia d'intervento sulla bilancia.
Un intervento militare delle potenze occidentali in Siria, in qualunque forma, avrebbe come scopo primario la conservazione del proprio peso politico nella regione. Questo significa innanzitutto tutelare gli interessi delle grandi società petrolifere e, in secondo luogo, il sistema di dittature locali che li proteggono.
Quanto al risultato a più o meno breve termine, sarebbe solo di accrescere ancora il caos, come già è stato il caso in Afganistan, in Iraq, in Libia e altri paesi. Bisogna dire no a ad ogni tipo di intervento militare occidentale in Siria, qualunque sia il pretesto dietro il quale si nasconda!
P.G.