Approfittando del vuoto di governo creato dalla caduta di Bashar Al-Assad, il governo Netanyahu ha lanciato una campagna militare volta a distruggere completamente ciò che restava dell'esercito siriano. In una settimana, l'aviazione israeliana avrebbe effettuato più di 500 bombardamenti, sparando più di 2.000 missili contro siti militari, prendendo di mira la marina, gli arsenali chimici e le basi di difesa antiaerea.
Venerdì 13 dicembre, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha ordinato all'esercito di “prepararsi a rimanere” per tutto l'inverno nella zona cuscinetto tra Israele e Siria, sulle alture del Golan, dove è stanziata una forza delle Nazioni Unite. Ufficialmente, questa occupazione viene presentata come temporanea e destinata esclusivamente a garantire la sicurezza di Israele. Ma che credito si può dare a queste affermazioni? All'indomani della Guerra dei Sei Giorni del 1967, anche l'occupazione delle Alture del Golan fu presentata come temporanea, prima che il parlamento israeliano ne votasse l'annessione nel 1981. Oggi vi si sono insediati più di 30.000 coloni israeliani e domenica 15 dicembre il governo di Netanyahu ha deciso di raddoppiare questo numero.
In Libano, nonostante il cessate il fuoco dovrebbe essere in vigore dal 27 novembre, l'esercito israeliano lo ha oltrepassato centinaia di volte. La sua aviazione e i suoi droni continuano a bombardare il Libano meridionale e i suoi soldati fanno saltare in aria le case nei villaggi di confine.
Nella Striscia di Gaza, la guerra continua, senza alcun obiettivo se non quello di uccidere il maggior numero possibile di palestinesi, sfinendoli con la fame e le malattie e costringendoli a fuggire continuamente. Secondo un rapporto del Ministero della Sanità di Gaza di martedì 17 dicembre, più di 45.000 palestinesi sono morti dall'inizio della guerra. Nel nord dell'enclave, i bombardamenti hanno preso di mira i pochi edifici non ancora distrutti e l'ospedale di Kamal-Adwan, uno dei pochissimi che ancora riceve pazienti nonostante l'interruzione totale dell'energia elettrica e la grave carenza di forniture mediche e medicinali. A sud, a Rafah, vicino al confine con l'Egitto, i carri armati israeliani sono avanzati verso Al-Mawasi, che dovrebbe essere una zona umanitaria, sparando su decine di famiglie per costringerle a fuggire verso nord.
Alla ripresa dei negoziati per la tregua a Doha, in Qatar, il 17 dicembre il ministro della Difesa israeliano ha dichiarato che Israele intendeva mantenere la “totale libertà di azione” nella Striscia di Gaza dopo la guerra. Si può essere certi che le principali potenze occidentali non si opporranno. Al contrario, la politica bellicosa dello Stato israeliano serve i loro interessi, nella misura in cui assume il ruolo di pilastro dell'ordine imperialista in Medio Oriente.
È auspicabile che le migliaia di israeliani che hanno continuato di opporsi e di manifestare trovino i mezzi per opporsi a questa politica, che li condanna a uno stato di guerra permanente. Nessuna pace sarà possibile senza il riconoscimento dei diritti nazionali dei palestinesi. L'unica prospettiva di speranza per i popoli del Medio Oriente risiede in una lotta comune contro tutte le forme di oppressione e divisione che le potenze imperialiste hanno costantemente alimentato per consolidare il loro dominio sulla regione.
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