Estratto da un intervento di Monique Dabat, ferroviera alla Gare du Nord di Parigi e militante di Lutte ouvrière, il 10 gennaio
Il governo ha avuto la faccia tosta di parlare di giustizia e di uguaglianza, perché il modo in cui vengono calcolate le pensioni diventerebbe universale. Ma se glielo lasciamo fare, sarà l'uguaglianza nella povertà. Si tratta di un attacco alle condizioni di vita di tutti i lavoratori, ai quali i padroni e il governo vorrebbero far pagare le conseguenze della crisi nel loro sistema. I lavoratori ne sentono ogni giorno i risultati catastrofici e si sentono dalla parte di chi è in sciopero, anche se non tutti si sentono la forza di lottare per se stessi.
Questo attacco è inscindibile dagli attacchi ai disoccupati, i cui sussidi scenderanno di nuovo il 1° aprile, ma anche dal generale congelamento dei salari, dalle ondate di licenziamenti, dall'esplosione dell'insicurezza, nonché dai tagli ai bilanci per le case popolari, le scuole e gli ospedali, anche se tutti sanno quanto la loro situazione sia catastrofica.
Il governo in difficoltà
Ma la determinazione degli scioperanti, grande quanto quella del governo, lo ha già messo in difficoltà. Ha dovuto introdurre una serie di eccezioni a questo nuovo regime, che ha detto essere universale. Molti di noi non hanno alcun desiderio di porre fine al movimento. Il governo non è riuscito a liberarsi dei gilet gialli, che continuano a mobilitarsi e a dimostrare. È possibile che abbia altrettanti problemi a liberarsi di tutti coloro che oggi sono nel movimento. È un sassolino nella scarpa che dovrà tenersi per un po', finché i lavoratori rimarranno arrabbiati.
Questo sciopero, che per la sua durata mette in difficoltà il governo, è una prima conquista del movimento. Ma il risultato più importante è l'esperienza che gli scioperanti stanno facendo. C'è un'intera generazione di lavoratori per i quali questo è il primo sciopero, e inevitabilmente lascerà tracce importanti nella loro coscienza. Stanno scoprendo che la lotta di classe è una vera lotta, e non se ne dimenticheranno. Scoprono che ci sono due campi nella società, il campo dei lavoratori da un lato, il campo degli sfruttatori e tutti i loro lacchè dall'altro. Scoprono che i lavoratori fanno funzionare l'intera economia e quando entrano in sciopero lo si vede.
Un'esperienza importante per il futuro
Questi giovani che imparano nella lotta saranno un tesoro per il futuro. Sono nuovi combattenti nella lotta sociale che oggi vengono addestrati attraverso il loro sciopero. Tutti stanno vivendo un movimento non corporativo, in cui ci troviamo a lottare fianco a fianco con altri settori per difendere i nostri interessi comuni, i nostri interessi di lavoratori. L'unica richiesta del movimento è il puro e semplice ritiro della riforma, e riguarda tutti i lavoratori. In tutte le assemblee generali dei lavoratori in sciopero, c'è questo orgoglio di non combattere solo per noi stessi.
Uscire da questo corporativismo ci permette di evidenziare il fatto che siamo una sola classe operaia e che abbiamo gli stessi interessi da difendere e un solo modo per difenderli: trovare il maggior numero possibile di noi in sciopero e nelle manifestazioni. È anche diventato più naturale per gli scioperanti di diversi settori andare ad incontrare altri scioperanti nei picchetti o nelle assemblee generali, ma anche andare alle porte delle aziende che non erano in sciopero, a parlare con i loro lavoratori. E in alcuni luoghi, a volte su iniziativa dei nostri compagni, hanno capito che non basta prendere decisioni nelle assemblee generali per vederle realizzate. Per farlo hanno eletto dei comitati di sciopero.
Allora, siamo orgogliosi di aver alzato la testa e di aver intrapreso una lotta che tutti i lavoratori prima o poi dovranno intraprendere per fermare i ripetuti attacchi dei grandi padroni. Ci saranno necessariamente altre lotte dopo la nostra, perché la borghesia, stimolata dalla crisi della sua economia, sta lottando con le unghie e con i denti per conservare e aumentare la sua ricchezza. E continuerà a farlo, anche se significa fare sprofondare nella miseria una parte crescente di lavoratori, spinta verso la precarietà o la disoccupazione. La borghesia non ci lascerà scelta, ci costringerà a difenderci se non vogliamo morire!
Questi cinici borghesi, questi parassiti della società che vivono del lavoro dei proletari, hanno un disprezzo sconfinato per i lavoratori. Non li immaginano altro che sottomessi e docili. Ma noi, gli operai, sappiamo come difenderci. Questa è la dimostrazione che diverse migliaia di noi stanno facendo oggi, e speriamo che domani i lavoratori la faranno su una scala completamente diversa.
Speriamo che i milioni di donne e uomini che si riconoscono nella protesta di oggi, che la sostengono, prendano domani la strada della lotta. Ci auguriamo che l'esperienza maturata in questo movimento da migliaia di lavoratori serva a tutti nei mesi e negli anni a venire. La lotta è tutt'altro che finita!