Sfruttamento nei campi - Per tre euro l'ora

Venturina Terme, Livorno, Toscana. Non solo Castel Volturno, non solo piana di Fondi, non solo Sud. Anche nella verde Val di Cornia è bastato controllare perché diventasse palese ciò che era risaputo da tempo: c'è chi ha fatto soldi - e tanti - sulla pelle dei braccianti, di preferenza immigrati.


Quando si parla di consumi a "filiera corta", ortaggi "a chilometro zero", eccellenze "del territorio", si descrive un ipotetico mondo virtuoso, dove nessuno lucra sulla salute del consumatore con prodotti avvelenati dalla chimica e meno che mai potrebbe macchiarsi di abusi nei confronti dei "collaboratori", che si occupano delle coltivazioni. Come sappiamo, è un mondo che ci piacerebbe tanto, ma non esiste, nemmeno qui, nemmeno nella civilissima Toscana. Se ne sono accorti per primi proprio coloro che nei campi ci andavano a lavorare, che - almeno fino a una trentina di anni fa, più o meno - erano principalmente gli abitanti, anzi più precisamente le abitanti della zona: per decenni in Val di Cornia e dintorni l'occupazione degli uomini era nelle fabbriche siderurgiche, mentre le donne si spezzavano la schiena nei campi. Di mattina agli incroci delle strade si vedevano gruppi di donne vestite da lavoro, con le borse del pranzo, che aspettavano le macchine degli addetti alla raccolta delle operaie da depositare nei campi, oppure si potevano vedere altre donne che nei campi ci andavano in bicicletta o in motorino, perché spesso non avevano l'auto.

Per anni quel lavoro duro è stato una risorsa per le famiglie, e non è che anche allora non si riscontrassero abusi o lavoro nero. Ma nel tempo si è inserito un fattore nuovo, che ha costituito sicuramente un'opportunità da non perdere per gli imprenditori agricoli, e in effetti è stata prontamente colta. Oggi, passando la mattina lungo la vecchia Aurelia, si potrebbe pensare di essere finiti in Alabama, ma non sono campi di cotone quelli che vediamo: sono campi di spinaci, carciofi o pomodori, a seconda delle stagioni, e i braccianti - in maggioranza immigrati di colore - sono giovani per lo più senegalesi, che hanno sostituito le donne del posto Il motivo è semplice. Non è solo perché la discendenza delle vecchie braccianti ha potuto studiare e occuparsi altrove, è che lavorare nei campi è sempre faticoso, ma oggi è pagato meno. Gli imprenditori agricoli trovano molto più conveniente assumere extra-comunitari, che come minimo non sanno niente di contratti nazionali di lavoro, e anche se li conoscono non si azzardano a esigerli, che sono facilmente ricattabili con la paura di perdere il permesso di soggiorno, che in una parola sono sfruttabilissimi e costano meno. La manodopera di zona, che ha subito l'involontaria concorrenza dei lavoratori immigrati, se ha ancora qualche alternativa non va a sfiancarsi nei campi per tre euro l'ora.

Ha voglia la sindaca di Campiglia Marittima - di cui la piana di Venturina è frazione - a ripetere in TV che a fronte di qualche imprenditore poco serio ce ne sono di seri e onesti...Un po' di nero lo hanno fatto tutti, un po' di grigio la maggior parte se non tutti, e quanto alla triade di imprenditori della stessa famiglia che sono finiti sotto i riflettori, non c'era chi non sapesse o non supponesse che stessero facendo barche di soldi sulla pelle dei lavoratori. Oggi è ufficiale, anche per merito di un giovane sindacalista Cgil che ha provato a "mettere le mani nella concimaia", ricevendo fra l'altro qualche intimidazione dagli interessati, ma i ragazzi senegalesi che avevano sperimentato a suo tempo la ditta in questione ne parlavano da tanto. Sono venute fuori giornate di lavoro da 15 ore pagate 37 euro, e perciò anche meno di 3 euro, si arrivava a 2 euro e mezzo l'ora, sono venute fuori dalle 5 alle 8 giornate ufficiali di lavoro al mese anziché le 22-24 effettivamente lavorate, perciò i lavoratori perdevano anche la disoccupazione, è venuto fuori perfino che alcuni braccianti pagavano un affitto al padrone per dormire in un casolare ristrutturato abusivamente, in condizioni igieniche precarie, sono venuti fuori i ricatti (13 cassette di spinaci raccolte in un'ora, o te ne vai) e le minacce di licenziamento (qui funziona così, zitto e lavora sennò ti mando via), sono venute fuori le truffe alla Comunità europea, l'evasione fiscale e quant'altro: per un totale di 5.800.000 euro di sanzioni amministrative già versate all'Erario (Il Tirreno, 6.5.22). Per ora.

Per dovere di cronaca, e tanto per capire non solo di chi stiamo parlando, ma di che meccanismo ignobile si parli, quando si parla della produzione all'epoca del capitale - che sia agricola o industriale, non importa - : gli stessi imprenditori agricoli sfruttatori di cui si parla sono stati i primi a sfruttare allo sfinimento se stessi e la propria famiglia, compresi i figli, fin dalla più giovane età.

E' sullo stesso numero del Tirreno che ci aggiorna sulla vicenda la notizia che il Ministero delle Politiche Agricole ha istituito un fondo da 20 milioni di euro, destinato a erogare contributi a fondo perduto alle aziende agricole piccole e medie per cali di fatturato, di contratti o crisi delle catene di approvvigionamento dovuti alla crisi ucraina. Chissà se riusciranno a erogarli senza rischi di truffe.

Corrispondenza Venturina