Il 2 luglio 1917 (15 luglio secondo il nostro calendario), i ministri borghesi del partito K-D, cioè Costituzionale-democratico, si dimettono all'improvviso, rompendo la coalizione governativa stabilita due mesi prima con i Socialisti-rivoluzionari (SR) e i menscevichi. Rispondono al desiderio della borghesia di fare ricadere sui ministri socialisti il fallimento dell'offensiva militare, decisa da Kerenski sotto la pressione degli alleati, e del disastro economico.
Diventa inevitabile il confronto con il proletariato della capitale conquistato al programma dei bolscevichi, e con i reggimenti ribelli che rifiutano di continuare la guerra. “La manifestazione del 18 giugno a Pietrogrado aveva già mostrato a tutti che il governo provvisorio aveva perso ogni appoggio nella capitale. L'impazienza e la diffidenza della maggioranza degli operai e soldati di Pietrogrado crescevano, non da un giorno all'altro ma ora dopo ora”, Trotsky scrive. I bolscevichi pensano tuttavia che un'insurrezione del proletariato fosse prematura. Oltre Pietrogrado e Mosca, le masse non hanno ancora preso pienamente coscienza del vicolo cieco a cui porta la politica opportunista degli SR e dei menscevichi. A Pietrogrado si cerca quindi di contenere l'impazienza.
“Il 3 luglio, fin dalla mattina, parecchie migliaia di mitraglieri interruppero bruscamente una riunione dei comitati delle loro compagnie e del reggimento, elessero un presidente ed esigettero che si discutesse immediatamente di una manifestazione armata”. (…) Rapidamente caricarono sui camion mitragliatrici Maxims e filarono verso la Nevskij”. Alle fabbriche Putilov, “applauditi, i mitraglieri raccontarono che avevano ricevuto l'ordine di partire il 4 luglio per il fronte, ma che avevano risolto di andare non dal lato del fronte tedesco, contro il proletariato tedesco, bensì contro i loro ministri capitalisti”.
SR e menscevichi contro il potere ai Soviet
L'operaio bolscevico Shliapnikov testimonia: “Da tutte le parti, sulla prospettiva Samsonevskji affluivano, sempre più numerosi, dei gruppi di operai che presto si fusero in una massa compatta di una decina di migliaia di dimostranti”. I ripetuti scontri con la polizia ed i cosacchi non scoraggiano i dimostranti. “Una dopo l'altra, le fabbriche si sollevavano, formavano le file, distaccamenti di guardie rosse si armavano”, aggiunge Trotsky.
I dimostranti convergono alla sede del comitato esecutivo dei Soviet, per lo più composto di SR e di menscevichi. “Nella sala del palazzo di Tauride, che era circondato da un'imponente folla di popolo armato, arrivavano numerose delegazioni chiedendo la rottura completa con la grande borghesia, forti riforme sociali e l'apertura di negoziati di pace”. La folla esige: “Dimissioni dei ministri capitalisti!”, “Tutto il potere ai Soviet!”. Il comitato esecutivo, costretto di accogliere i delegati, cerca di guadagnare tempo per lasciare a Kerenski la possibilità di portare a Pietrogrado truppe sicure.
Da parte loro, i bolscevichi decidono di non lasciare che la repressione piombi sui lavoratori ed i soldati, ma di prendere la testa della manifestazione del giorno dopo. “A tutti gli elementi della guarnigione furono inviati brevi appelli ed istruzioni. Per proteggere i dimostranti contro gli attacchi, si ordinò di disporre, vicino ai ponti che conducono dai sobborghi al centro ed ai principali incroci delle grandi arterie, delle autoblindo. I mitraglieri, fin dalla notte, avevano già messo il loro corpo di guardia dinanzi alla fortezza Pietro e Paolo”.
Il ruolo del partito bolscevico
Il 4 luglio, un mezzo milione di persone sfila in armi: “Le truppe ammutinate escono dalle caserme per compagnie e per battaglioni, presidiano le vie e le piazze”, scrive Trotsky. “Il movimento di questo giorno è più imponente e meglio organizzato di quello della vigilia: si scorge la mano del partito che lo guida. Ma l'atmosfera oggi è più surriscaldata: i soldati e gli operai cercano di ottenere una conclusione della crisi”.
Le provocazioni non tardano. “Commercianti si gettano con furia sugli operai e li picchiano implacabilmente. Mitragliatrici sparano dalle finestre sul corteo. Cosacchi caricano la folla”. Fra i marinai di Kronstadt, il bolscevico Raskolnikov racconta: “I marinai imbracciarono i loro fucili, una sparatoria disordinata cominciò in tutte le direzioni, molte persone furono uccise o ferite. (…) Il corteo continuò ad avanzare al suono della musica, ma non restava traccia del suo entusiasmo da festa”.
Dinanzi al palazzo di Tauride, SR e menscevichi intimati a dare una spiegazione passano momenti difficili.
Ma i dimostranti capiscono allora che la situazione è senza via d'uscita. Trotsky scrive: “Le masse rifluirono verso i sobborghi e non si prepararono a ricominciare la lotta il giorno dopo. Avevano sentito che la questione del potere del Soviet si presentava in modo molto più complicato di quanto avevano creduto. C'erano ancora molte illusioni sul fatto che, con le parole e con una manifestazione, si potesse arrivare a tutto; che intimidendo i menscevichi ed i Socialisti-rivoluzionari li si sarebbe potuti spingere a seguire una politica comune con i bolscevichi”.
Il proletariato ha perso una battaglia ma non è sconfitto
“Nella notte del 4, le prime truppe sicure arrivarono dal fronte. (…) Dalla tribuna del comitato esecutivo volavano i discorsi sulla sommossa a mano armata, che avevano appena repressa “le truppe fedeli alla rivoluzione”. Il partito bolscevico era dichiarato contro- rivoluzionario. Il 5 luglio, i soldati saccheggiano i locali della Pravda, il giornale bolscevico. La mattina del 6, mentre il lavoro riprende poco a poco, “gli elementi della reazione, i Cento-neri, prendono gusto allo schiacciamento della sommossa. Saccheggi, violenze, sparatorie qua e là continuano nelle varie parti della città”.
Tuttavia il partito bolscevico, prendendo la testa del proletariato di Petrogrado, ha evitato il peggio. La classe operaia ha perso una battaglia, ma essenzialmente le sue forze sono intatte. Trotsky conclude: “La funzione di un’avanguardia di ranghi serrati si rivela per la prima volta in tutta la sua portata nelle giornate di luglio, quando il partito - pagandolo a caro prezzo - preserva il proletariato da una disfatta, e garantisce l’avvenire della rivoluzione e il suo stesso avvenire”.
Per la borghesia, le giornate di luglio dovevano essere un preludio allo schiacciamento del proletariato rivoluzionario. Per quest'ultimo, sarebbero stati il preludio alla conquista del potere quattro mesi più tardi, ad ottobre.