Gli operai si mobilitano con lo sciopero e il presidio permanente davanti ai cancelli dello stabilimento
“Siamo usciti dalla crisi più lunga dal dopoguerra!”, “La ripresa è ormai strutturale!”. Quanto volte in questi ultimi mesi abbiamo sentito lor signori strombazzare queste frasi che stridono di fronte ad una realtà ben diversa, fatta di chiusure di fabbriche, di perdita di posti di lavoro, di salari sempre più bassi, di precarietà diffusa. È una realtà che talvolta nemmeno i media più ligi nei confronti del potere economico e dei palazzi della politica possono ignorare.Tant’è che notizie come quella della chiusura di fabbriche come l’Embraco di Riva di Chieri in Piemonte, l’Ideal Standard di Roccasecca nel Lazio e tante altre sono balzate sulle prime pagine dei giornali e dei tg nazionali.
I 537 lavoratori dell’Embraco, azienda del gruppo Whirlpool che produce compressori per frigoriferi destinati al mercato europeo, stanno presidiando dal 26 ottobre scorso i cancelli dello stabilimento rivese. La lotta è iniziata dopo la decisione dell’azienda di non rinnovare più i contratti di solidarietà in scadenza a fine 2017. Da più di dieci anni l’Embraco passa da una ristrutturazione all’altra con una drastica perdita di posti di lavoro, da circa 2000 ai 537 attuali. Oggi la direzione intende ridurre i volumi produttivi, cosa che non consentirebbe il rinnovo dei contratti di solidarietà e gli investimenti a Riva di Chieri. Ciò malgrado la multinazionale abbia intascato a più riprese fior di milioni di euro erogati dallo Stato proprio per sostenere gli investimenti. Immediata la risposta dei lavoratori che sono immediatamente entrati in sciopero con presidio permanente davanti alla fabbrica. Sin da subito c’è stata la consapevolezza della volontà aziendale di chiudere lo stabilimento e, quindi, di licenziare i lavoratori. La stessa possibilità di ricorrere alla cig a zero ore, comunque anticamera dei licenziamenti, appare di difficile realizzazione in quanto la concessione è vincolata allo stato di crisi. L’Embraco, paradossalmente, non rientra in questo parametro, dal momento che la crisi riguarda il solo comparto italiano e non quello slovacco. Il Presidente del Consiglio Gentiloni, durante la sua tappa elettorale a Torino, nell’incontrare un gruppo di operai dell’Embraco, ha promesso il suo interessamento al fine di rendere possibile il ricorso alla cig straordinaria. Come promessa elettorale è davvero poca cosa, per non dire nulla, ma oggi evidentemente i politici al servizio dei padroni non possono andare oltre, nemmeno in campagna elettorale!
Inutile dire che la perdita del posto di lavoro per molti operai dell’Embraco significherebbe un aggravamento insostenibile delle condizioni economiche in cui versano da tempo le loro famiglie. C’è chi ha la moglie che, per sbarcare il lunario, già oggi è costretta a fare i turni di notte in tessitura, chi ha un figlio precario che da mesi non riceve il salario, e chi è da solo a lavorare in famiglia.
Il presidio è continuato anche durante le feste di Natale e a Capodanno. I lavoratori non hanno rinunciato al brindisi di fine anno davanti ai cancelli della fabbrica: “Non abbiamo niente da festeggiare, è vero – ha detto uno di loro –ma abbiamobisogno di stare insieme, di farci coraggio”.
Non è mancato l’augurio dell’azienda, che a fine dicembre ha inviato a ciascun lavoratore la comunicazione della sospensione dell’attività lavorativa dal 2 al 12 gennaio. E il 10 l’Embraco ha annunciato il licenziamento collettivo di 497 lavoratori, che scatterà dopo 75 giorni. L’intenzione dell’azienda è quella di delocalizzare la produzione in altre fabbriche del gruppo. Cinque giorni dopo l’annuncio dei licenziamenti, gli operai si mobilitavano davanti all’Unione Industriale di Torino dove di teneva l’incontro, il primo, tra l’azienda e i sindacati Fiom e Uilm. Lì l’Embraco confermava l’azzeramento della produzione in Italia e i licenziamenti.
Il confronto proseguirà il 24 gennaio, ma le richieste dei sindacati appaiono, ancora una volta, inadeguate. Si chiede all’azienda di presentare il solito piano industriale che dovrebbe garantire il rilancio dello stabilimento. L’Embraco, in realtà, ha già presentato il suo piano industriale, quello della chiusura della fabbrica e dei licenziamenti collettivi.
I lavoratori dell’Embraco, come quelli di tutte le altre realtà lavorative in crisi, devono uscire dall’isolamento e lottare uniti per difendere tutti i posti di lavoro e i loro salari rifiutando la logica della competitività che li ingabbia e li rende più deboli perché divisi.
Corrispondenza da Torino