Quaranta anni fa moriva Franco Serantini - Un assassinio di stato

Chi ha vissuto quegli anni in Toscana da giovane militante, si ricorda bene il nome di Franco Serantini. Si ricorda, dopo tanto tempo, i comizi e le provocazioni del MSI, il partito fascista di Almirante, sempre prontamente protetto dalle forze di polizia. Nell’anniversario della sua morte, gli anarchici hanno voluto ricordare il loro compagno con una manifestazione a Pisa lo scorso 12 maggio. C’erano molti giovani. È importante che anche loro sappiano e che la memoria di quei giorni non vada perduta.

Questo studente ventenne fu arrestato dalla polizia sul lungarno Gambacorti, nel corso di una manifestazione contro il comizio del fascista Niccolai. Era il 5 maggio 1972. Il giorno prima, a Livorno, lo stesso Niccolai aveva ricevuto una dura accoglienza. Anche in questo caso ci furono scontri durissimi.

Serantini fu massacrato di botte e lasciato morire, senza nessuna assistenza medica, nel carcere di Don Bosco. Era il 7 maggio, giorno delle elezioni politiche

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Oggi in piazza San Silvestro, dove simbolicamente si è concluso il corteo, c’è una lapide che lo ricorda. Per molti cittadini pisani questa è, da tempo, Piazza Serantini.

A Franco Serantini sono intitolate, ormai da anni, una casa editrice e un’importante biblioteca di storia sociale. Un riconoscimento significativo che contrasta con le tante sciocchezze che, anche ultimamente, sono state dette e scritte sul movimento anarchico, da parte di esponenti politici e giornalisti, sempre pronti a farsi portavoce e amplificatori di ogni provocazione anti-operaia. Sempre pronti a prendere per oro colato la definizione politica che dei pazzi o degli agenti provocatori danno di se stessi, come nel caso recente della cosiddetta federazione anarchica informale che avrebbe rivendicato il ferimento di un dirigente della Finmeccanica.

Noi non dimenticheremo Franco e non dimenticheremo che tutti i partiti parlamentari di allora, dal Partito Comunista al Partito Liberale, trovarono in quei giorni parole di condanna nei confronti delle migliaia di giovani che presero sul serio l’antifascismo, opponendosi in piazza al partito apertamente e orgogliosamente erede del fascismo e della Repubblica di Salò, un partito che aveva fra i suoi dirigenti i firmatari delle condanne a morte di decine di partigiani.

È passato molto tempo. Quelli che allora erano giovani esponenti del MSI, spesso impegnati in prima persona nelle piazze come picchiatori di studenti e operai, sono diventati quasi tutti esponenti di un Centrodestra moderato e istituzionale. I giovani dirigenti “comunisti” di allora, quelli della Federazione Giovanile Comunista, quelli che ci spiegavano che i veri rivoluzionari erano loro e che il vero comunismo era quello di marca stalinista-togliattiana, i D’Alema, i Veltroni, i Fassino, oggi non vogliono neppure sentir più parlare di comunismo o di socialismo. Tutti hanno trovato una bandiera in cui riconoscersi senza riserve: quella della difesa del capitalismo come ultimo approdo della storia umana.

Serantini, non credeva a questa fine della storia e lottava per una società diversa di liberi ed eguali. Ecco perché vivrà sempre nelle nuove generazioni di militanti rivoluzionari.