Quali investimenti in sicurezza?

Mentre chiudiamo il giornale apprendiamo del disastro ferroviario a Seggiano di Pioltello, vicino Milano. Il numero dei morti, per ora, è fermo a quattro, ma ci sono cinque feriti gravissimi. Un centinaio i feriti lievi sul treno 10452 della società Trenord partito da Cremona e diretto a Milano Porta Garibaldi, affollato di pendolari. Non si conosce il motivo dell’incidente ma dalle foto dall’alto, mandate in rete dai Vigili del fuoco, si può ipotizzare che uno scambio sia girato dopo che il treno lo aveva superato, oppure che una rotaia abbia avuto un cedimento. In ogni caso non c’entra niente la velocità del treno. La Procura di Milano ha aperto un fascicolo a carico della società ferroviaria per disastro ferroviario colposo.

Per i ferrovieri è chiaro da tempo che le dichiarazioni altisonanti sugli “investimenti in sicurezza” dei dirigenti di RFI e delle varie società ferroviarie non corrispondono alla realtà. Solo poche settimane fa si era verificato il deragliamento di una “Freccia” alle porte di Firenze, fortunatamente senza vittime per la bassa velocità del convoglio. Nel complesso, i mancati disastri non si contano.

Alcune foto degli interni delle carrozze già in rete mettono in causa anche le caratteristiche costruttive di queste. Da decenni ormai costruite senza più l’ossatura degli scompartimenti e piene di componenti in plastica, le vetture si “accartocciano” facilmente, diventando trappole mortali in incidenti come questo. E per fortuna si trattava di vetture “media distanza”, quelle, per intenderci, con i finestrini grandi che si possono aprire, lasciando aperta una possibilità di fuga. Tra le testimonianze di chi se l’è cavata, abbiamo ascoltato quella di un operaio che riferiva proprio di essere uscito da un finestrino. Le vetture più moderne hanno invece i finestrini sigillati.

È l’intera “macchina” del trasporto ferroviario che sta subendo un vero e proprio degrado in tutte le sue componenti. Un degrado spesso mascherato dalla cura del “maquillage” per i treni ad alta velocità o per certe stazioni importanti. Ma i viaggiatori, specie quelli che utilizzano il treno per andare a lavorare, devono sapere che, per esempio, in moltissime gallerie non c’è la possibilità di comunicare all’esterno per lanciare un allarme, che molti tratti di linea sono distanti da strade che consentano l’avvicinarsi dei mezzi d’emergenza, che ormai è la regola che circolino treni composti di due sezioni non comunicanti tra loro in una delle quali non è previsto che ci sia personale ferroviario in servizio, che l’adozione del modello ad “agente solo”, cioè con un solo macchinista alla guida, espone a rischi supplementari, in caso di malore dello stesso macchinista, tanto lui quanto gli stessi viaggiatori…

All’origine di questo peggioramento delle condizioni di sicurezza c’è il taglio dei costi che viene perseguito caparbiamente da anni da parte delle società ferroviarie. Un taglio dei costi di cui tanto le regioni quanto lo stato centrale fingono di ignorare le conseguenze.

Le lacrime ipocrite dei vari rappresentanti delle “autorità”, che non hanno perso l’occasione, nelle prime dichiarazioni a caldo, per fare di questo disastro un argomento da propaganda elettorale, non portano a niente. La lotta dei ferrovieri per la sicurezza deve riprendere forza e trovare il modo di saldarsi con l’indignazione dei lavoratori pendolari.

Corrispondenza ferrovieri