Provincia di torino - La disoccupazione dilaga non solo tav, non solo juve

Il 20 Aprile a Pinerolo, circa 1000 persone hanno preso parte a una manifestazione per richiamare l’attenzione sul problema della patologica crisi occupazionale e sulla chiusura di molti stabilimenti. Una partecipazione davvero imponente, secondo l’interpretazione degli stessi cittadini, abituati a sentir considerare la loro città come scevra da grandi conflitti. E proprio questa peculiarità della zona rende subito l’idea di quanto drammatica e urgente sia la situazione non solo a Pinerolo ma anche e soprattutto nei paesi limitrofi.

Secondo i dati ufficiali del Centro d’Impiego del Pinerolese, su un bacino di circa 160.000 utenti, sarebbero quasi 10.000 gli iscritti a tale agenzia, che ha registrato una paurosa impennata in punti percentuali nel secondo semestre del 2011 e la comparsa di nuove figure professionali, tra chi cerca un nuovo impiego, quali “pizzaioli, camerieri e baristi disoccupati […], muratori, escavatori e carpentieri “ (L’Eco del Chisone, 9 Maggio 2012). D’altronde è sotto gli occhi di tutti il bollettino di guerra delle aziende già chiuse o in via di chiusura: dall’Indesit di None (300 dipendenti) che ha annunciato la chiusura per spostare la produzione in Polonia, alla Stabilus di Villar Perosa chiusa già da 3 anni, mentre rimangono molto incerte la situazione della TEKFOR (azienda che ha acquistato la Omvp ex SKF di Villar) e quella della NN Euroball (ex SKF di Pinerolo) che continua a dichiarare personale in esubero; non si contano invece le piccole aziende con meno di 15 dipendenti, i cui ex dipendenti possono solo contare su una mobilità giuridica non superiore agli 8 mesi.

Particolarmente sotto i riflettori è, in questo periodo, la vicenda della New Co.Cot. di Perosa Argentina, ex manifattura che occupava 190 dipendenti, in maggioranza donne che, in lotta da anni, a partire dalla sera del 30 Aprile, per il primo maggio e per i giorni a seguire hanno occupato la sede della comunità montana, mentre attualmente sono in presidio permanente, sotto la guida dell’ALP – Associazione Lavoratori del Pinerolese, davanti ai cancelli della fabbrica per controllare, secondo le dichiarazioni delle stesse RSU, che non portino via i macchinari. La fabbrica è chiusa da un anno e nel mese di luglio finirà la cassa integrazione, di conseguenza sono in corso le trattative per l’ottenimento della cassa integrazione speciale e per un progetto di ricollocazione.

E proprio mentre i vari lavoratori lottano e presidiano le aziende che stanno per chiudere, arrivano come schiaffi le dichiarazioni di alcuni funzionari e assessori alle attività produttive e alle pari opportunità della provincia di Torino e del Comune di Pinerolo che, nel corso di un convegno dal titolo “donne e lavoro in tempo di crisi” (Pinerolo, 10 Maggio 2012), hanno sbandierato, come soluzione all’attuale stato di crisi, il rilancio della “cultura d’impresa” sottolineando, neanche troppo fra le righe e in perfetta armonia con l’orientamento del “governo tecnico”, l’inutilità della ricerca del posto di lavoro da dipendente; il tutto condito da promesse di “paccate” di finanziamenti pubblici, tramite progetti della Comunità europea o grazie a prestiti con mutui più che agevolati. Ammesso e non concesso che questi “tsunami di finanziamenti” siano sufficienti a far sì che tutti i disoccupati possano aprire un’attività, è tutto da dimostrare, in un momento come questo, che ci possano veramente mangiare con le mini-imprese e sono sotto gli occhi di tutti i risultati ottenuti nel nord-est italiano, nel lungo termine, dalla politica del “tutti piccoli imprenditori”.

Non sarebbe più razionale chiedere che queste risorse venissero destinate, nell’immediato, alla creazione di un fondo per l’erogazione di sussidi di disoccupazione di lunga durata?

Forse questo ci allontanerebbe dalla “cultura d’impresa” ma ci avvicinerebbe alla civiltà.

Corrispondenza Val Chisone e Pinerolese