L'operazione conferma che la nascita della Fip era solo uno stratagemma della Fiat per sostituire il contratto nazionale con il modello Pomigliano
E' caduta l'ultima foglia di fico del Piano Fabbrica Italia di Sergio Marchionne, da questi presentato nemmeno tre anni fa, nell'aprile del 2010, come il farmaco salvavita della Fiat e oggi definitivamente messo in soffitta dallo stesso amministratore delegato.
La newco Fabbrica Italia di Pomigliano, tassello-chiave di quel piano, non c'è più. Dal 1° marzo la FIP ha cessato di esistere, attività e lavoratori sono stati trasferiti in Fiat Group Automobiles. Le dichiarazioni di giubilo di Fim, Uilm e Fismic, schierati dalla parte dell'azienda sin dalla costituzione della newco, non si sono fatte attendere.
Secondo questi sindacati, la decisione della Fiat ha permesso di evitare il licenziamento dei 1400 lavoratori la cui cassa integrazione sarebbe scaduta a luglio. Se ciò fosse vero, sarebbe stato risolto anche il problema dei 19 operai che l'azienda avrebbe messo in mobilità per far posto agli altrettanti operai iscritti alla Fiom il cui rientro era stato sentenziato dal tribunale. Un rientro peraltro solo virtuale, dal momento che la Fiat aveva poi deciso di lasciarli a casa pur retribuendoli.
La realtà è un'altra. L'accordo separato, siglato il 7 febbraio scorso tra Fiat, Fim, Uilm e Fismic, prevede per la newco FIP il trasferimento di ramo d'azienda in Fiat Group Automobiles, nonché la rotazione di 2374 lavoratori in cig per riorganizzazione aziendale dal 1° marzo 2013 al 31 marzo 2014.
Peccato che la rotazione riguarderà soltanto due delle tre aree individuate dall'azienda come settori di lavoro. L'area esclusa, guarda caso, è quella dove non si fa produzione e lì, nella migliore tradizione dei reparti confino, saranno verosimilmente raggruppati gli operai iscritti alla Fiom e tutti quelli ritenuti dalla Fiat un pericolo per la pace sociale nella fabbrica. Va da sé che questi lavoratori verranno considerati sin dall'inizio come operai in esubero.
In verità, nemmeno gli altri lavoratori possono sentirsi tranquilli.
Cosa succederà a marzo 2014, quando finirà la cig a rotazione? La crisi economica si aggrava sempre di più. La recessione continuerà almeno per tutto il 2014. Parola di tutti gli osservatori economici, gli stessi che, solo un mese fa, avevano dato per sicura la ripresa produttiva a partire dalla seconda metà del 2013. E il settore auto è uno dei più colpiti dalla saturazione del mercato.
Nessuna ritrovata certezza occupazionale, dunque, per i lavoratori di Pomigliano.
Di sicuro c'è soltanto che oggi viene fatta chiarezza, al di là di ogni ragionevole dubbio, su cosa spinse il Lingotto a creare nel 2010 la newco FIP.
E' la stessa Fiat ad illuminarci in proposito nella nota che ha ufficializzato il trasferimento dello stabilimento Giambattista Vico in Fiat Group Automobiles. «Il 13 dicembre 2011 – si legge – è stato sottoscritto [con Fim, Uilm e Fismic (n.d.r.)] un contratto collettivo autonomo, il Contratto Collettivo Specifico di Lavoro, che ha esteso il modello contrattuale di Fabbrica Italia Pomigliano a tutte le aziende Fiat, inclusa naturalmente Fiat Group Automobiles».
Come non sottoscrivere, allora, quanto dichiarato dal coordinatore Fiom del settore auto Michele De Palma, secondo cui «la costituzione della newco è stata solo uno stratagemma ideato da Fiat per uscire da Confindustria, non applicare il contratto nazionale di lavoro e discriminare le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Fiom».
Purtroppo dalla capacità di sintesi dei dirigenti Fiom non consegue un'adeguata risposta politico-sindacale, che invece si limita a riproporre nuovi modelli di vetture, inefficaci contratti di solidarietà già visti, e a praticare illusorie vie legali contro la Fiat non solo in tribunale, ma pure nelle trattative, come è avvenuto nell'incontro del 7 febbraio con la richiesta di verifica della legittimità del ricorso alla cig per riorganizzazione aziendale. Perché allora non chiedere l'illegittimità dello sfruttamento dei lavoratori?
Corrispondenza da Napoli