Piombino: Gas più caro e veleni nell'aria

Purtroppo c'era solo da aspettare, per avere l'ennesima prova che il rigassificatore ancorato nel porto di Piombino costituisce un pericolo, e non solo nei casi di emergenza. Ora viene fuori che l'impianto, oltre a depositare tonnellate di cloro in mare, sputa anche nell'aria quantità di formaldeide (sostanza giudicata dall'Agenzia Internazionale della ricerca sul cancro nel gruppo 1, cioè il gruppo dei “cancerogeni certi”) superiori alle prescrizioni dell'AIA (Autorizzazione integrata ambientale)

 

Se c'è una cosa sulla quale Governo di destra e Amministrazione Regionale Toscana a guida PD si sono trovati d'accordo, da un paio d'anni a questa parte, è l'introduzione del gas liquefatto proveniente in larga misura dagli Stati Uniti nel mercato italiano, con il corollario di rigassificatori a servizio, in particolare quello che staziona tuttora nel porto di Piombino. Una uniformità di vedute che fa da cartina di tornasole alla vocazione atlantista e alla volontà comune di favorire il capitale nostrano. La posizione contraria del sindaco piombinese di Fdi non fa testo, perché in qualche modo obbligata, legata com'è a dinamiche locali e alla necessità di mantenere il consenso. In questo contesto, il 31 luglio scorso il vice capo gruppo dei deputati Verdi Sinistra Marco Grimaldi ha presentato al ministro di Ambiente e sicurezza energetica Pichetto Fratin e al Ministro della Salute Schillaci un'interrogazione parlamentare per chiedere quali provvedimenti il Governo intenda prendere, dopo che è stato accertato come tre dei quattro camini di cui è munita la nave rigassificatrice emettono nell'aria non solo metano ma soprattutto formaldeide, in concentrazione superiore ai limiti stabiliti dall'AIA. Dati gli alti valori riscontrati il 30 maggio scorso, la Direzione generale valutazioni ambientali aveva inviato una diffida a Snam per non aver osservato le prescrizioni. Quasi in contemporanea all'intervento di Grimaldi, la Presidente del Gruppo regionale del Movimento 5 Stelle, Irene Galletti, ha annunciato la presentazione di un’interrogazione urgente al Consiglio Regionale della Toscana, riguardo alla stessa problematica.

Le reazioni, nell'uno e nell'altro caso, non sono incoraggianti. Da parte governativa sono corse voci su un rimedio classico e più volte sperimentato in questi casi, e cioè semplicemente alzare i limiti tollerabili dei veleni, in modo che non superino più le prescrizioni - metodo rapido e per nulla dispendioso, ma scarsamente efficiente nell'assicurare la salute pubblica. Da parte della Regione, l'argomento pare non preoccupare affatto. Anzi: secondo gli sproloqui del Governatore Eugenio Giani, "Se non ci fosse Piombino oggi il gas invece che 20 costerebbe 40 in Italia. Laddove costava 320 il gas oggi costa 20, senza nessun impatto sul territorio ". Da dove il Giani abbia tratto queste sue affermazioni non è dato sapere, visto che il processo di liquefazione del gas, seguito dal trasporto e dalla successiva rigassificazione, è universalmente riconosciuto come una tecnologia complessa e costosa, poco utilizzata perché rende il gas molto più caro del gas naturale trasportato via gasdotto; quanto al "nessun impatto sul territorio", i fatti purtroppo per noi smentiscono ostinatamente la tesi. D'altronde le note vicende relative alle dimissioni del Governatore della Liguria Toti, indagato per corruzione, rendono sempre più remota l'ipotesi del trasferimento in Liguria del rigassificatore, che Toti caldeggiava. Che i tre anni previsti di permanenza in porto a Piombino non saranno tre anni, il Giani in qualche modo deve farlo digerire: le ultime notizie non facilitano il compito, né del resto si può ritenere una soluzione che il rigassificatore vada ad avvelenare altrove.

A quanto pare, Snam era ben consapevole dei rischi, pur avendoli sempre negati. Tanto è vero che su uno dei quattro camini aveva utilizzato un catalizzatore sperimentale, che in effetti si è rivelato efficace, abbattendo i livelli degli inquinanti. Non solo: Snam non aveva ritenuto di informare nessuno, ma aveva fatto i suoi bravi monitoraggi, che avevano evidenziato gli scarichi eccessivi di formaldeide anche durante l'autunno e l'inverno scorsi. Ciononostante, nessuna notizia è trapelata, almeno fino allo scorso 30 maggio, quando la Direzione generale valutazioni ambientali del Ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica ha inviato la diffida. In risposta, l'impresa ha dichiarato di essere già intervenuta per contenere le emissioni di formaldeide nei limiti nazionali, ma a questo punto è difficile confidare nelle affermazioni di un'azienda che da tre anni ci ripete la stessa canzone, soprattutto dopo che evidentemente nemmeno Snam credeva alle sue stesse rassicurazioni; prova ne è che sulla spalle della popolazione aveva fatto i suoi esperimenti, installato un convertitore catalitico, effettuato i suoi test, etc., senza peraltro parteciparlo a chicchessia. Prassi vorrebbe che prima di piazzare un impianto potenzialmente pericoloso in un porto piccolo e trafficato, vicinissimo alle case abitate, controlli e sperimentazioni fossero preventivi, e non in corso d'opera. Quantomeno gli stessi impianti non dovrebbero continuare a funzionare, una volta accertato il pericolo.

E' quello che i Comitati, di vario orientamento politico, che si sono costituiti a Piombino, hanno chiesto per anni, sostanzialmente senza risultato. Oltre alle problematiche sollevate da sempre, oggi chiedono chiarezza, informazione puntuale e un monitoraggio trasparente della qualità dell'aria. Resta da vedere se e quanto si sbilancerà l'Amministrazione di destra, riconfermata alle ultime elezioni amministrative.

Corrispondenza Piombino