Il 31 gennaio scorso il tribunale di Torino ha dichiarato il fallimento della Pmt di Pinerolo, storica azienda con 180 operai che produce e progetta macchine per la carta, un settore il cui mercato è in crisi da anni. Tre annifa, il gruppo cinese Cpmc aveva rilevato una quota della Pmt per poi disimpegnarsi. È solo uno dei tanti esempi di capitale produttivo sacrificato alle esigenze di quello finanziario.
Da allora, solo 42 lavoratori sono rimasti in fabbrica per garantire l’esercizio provvisorio, mentre tutti gli altri sono sospesi senza salario. Sono stati i primi lavoratori a rimanere senza ammortizzatori sociali dopo la riforma del mercato del lavoro iniziata dal governo Monti, conclusa da quello di Renzi con il Jobs Act ed entrata in vigore il primo gennaio scorso. Questi lavoratori ricordano gli esodati della famigerata riforma Fornero, senza lavoro e senza pensione. Anche per gli operai della Pmt niente salario e niente cassa integrazione. Ci sarà solo l’Aspi, la nuova disoccupazione, ma solo dopo l’eventuale e non auspicabile licenziamento.
Il 18 febbraio i lavoratori Pmt hanno dato vita ad un corteo che ha visto la partecipazione solidale di tutta la città. La manifestazione, promossa dai sindacati confederali, puntava a sollecitare l’intervento del governo al fine di rendere possibile la cassa integrazione in attesa di trovare un nuovo acquirente. È realistico ritenere, se questi sono gli obiettivi, che i lavoratori della Pmt rischiano di restare con un pugno di mosche in mano. Da queste situazioni si esce soltanto con una lotta d’insieme, generale, per il divieto dei licenziamenti e il diritto al mantenimento del salario.
Corrispondenza da Torino