Per il governo i bancari sono troppi

Il sistema bancario si basa sulla fiducia. Credito vuol dire questo, si ha credito se si è “creduti”. Le turbolenze che hanno scosso l’universo bancario italiano, le vicende del Monte dei Paschi, delle varie “banche cooperative”, della Banca Etruria e di quella di Vicenza, hanno indubbiamente minato questa fiducia. Di fronte al pericolo di un crollo di tutto il sistema, è intervenuto lo stato. È già successo nel passato, in Italia e in altri paesi. Lo stato diviene il garante in ultima istanza e impiega tutti i mezzi a sua disposizione per tranquillizzare la massa dei piccoli risparmiatori e garantire, nel contempo, che i grandi gruppi potranno continuare a rifornirsi di denaro – che poi è quello degli stessi piccoli risparmiatori - a buon mercato e senza bisogno di troppe garanzie. Certo, non tutte le ciambelle riescono col buco, e sono lì a testimoniarlo le tante manifestazioni di protesta dei risparmiatori raggirati con obbligazioni presentate loro come investimenti sicuri e ora divenute carta straccia.

Ma, si sa, la “vita deve continuare”. La sopravvivenza del sistema bancario richiede nuovi passi nel senso della sua concentrazione. Anche qui, il governo mostra da che parte sta. Più volte nel corso dell’anno, sia Renzi che il ministro Padoan hanno ribadito che le banche sono ancora troppe e che bisogna accelerare i processi di aggregazione. Ma soprattutto hanno sottolineato che ci sono troppi bancari. In dieci anni, secondo gli esponenti del governo, dagli attuali 328 mila si dovrà passare a 150-200 mila.

Come dovrebbe avvenire questo drastico taglio di posti di lavoro? Ancora non si capisce. Si capisce invece bene che i banchieri, cioè chi le banche le dirige, non vedranno minacciati i propri privilegi o le proprie favolose buonuscite. Detto in altre parole, questo ulteriore passo nel senso della concentrazione lo dovranno pagare gli impiegati delle banche.

Il settore bancario si aggiunge così al lungo elenco di quelli nei quali un governo che si vanta di mettere l’occupazione al primo posto, contribuisce a creare nuovi disoccupati e a restringere le possibilità di impiego ai giovani che si affacciano sul mercato del lavoro.