Ordine del giorno presentato al direttivo FP CGIL 8 Maggio

Nel contesto generale di una sottomissione più o meno palese dei vertici sindacali al governo Monti, ci sono anche delle voci “stonate”. Poche, è vero, ma che devono essere conosciute. È il caso di questo ordine del giorno presentato al Direttivo nazionale della Funzione Pubblica-Cgil da Mario Iavazzi e da lui soltanto votato. Il resto del Direttivo ha preferito conformarsi alle posizioni della Segreteria nazionale che sottoscrive il protocollo governativo.


Il Direttivo Nazionale della FP-Cgil riunitosi l’8 maggio, esprime parere negativo in merito all'ipotesi di protocollo del pubblico impiego.

Si è privilegiato la ricerca di un accordo con il governo Monti a qualsiasi costo senza neanche provare a mettere in campo tutti gli strumenti, mobilitazione dei lavoratori compresa, per porre come condizione essenziale per qualsiasi nuova trattativa la soluzione dei nodi ancora irrisolti che affliggono i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego. Ovvero il blocco dei contratti, il blocco del turn over in molti comparti, il blocco dei percorsi di stabilizzazione dei precari.

Si accetta il terreno della concertazione e del coinvolgimento della nostra organizzazione proprio sui tagli alla spesa e la mobilità. Il “processo di modernizzazione dell’amministrazione pubblica attraverso un’attività di profonda razionalizzazione” in tempi in cui viene richiesto il rispetto di parametri finanziari, in tema di parità di bilancio come recentemente previsto in Costituzione e di “spending review” si traducono, e si tradurranno, in tagli ai servizi pubblici, in peggioramento della qualità della vita di milioni di cittadini, in peggioramento delle condizioni di lavoro ed esuberi nelle amministrazioni pubbliche. Solo dieci giorni prima, in effetti, il Ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi che ha condotto per il governo questo tavolo, aveva minacciato di utilizzare il licenziamento per motivi economici anche nella pubblica amministrazione dichiarando che farà partire una verifica per dichiarare le eccedenze.

Con la condivisione del protocollo i procedimenti di mobilità obbligata vengono subiti come qualcosa di ineludibile. Va invece ribadito che la mobilità, in particolare in una fase di “austerity”, si traduce di fatto in licenziamenti di massa. Le probabilità di tornare a lavorare in un’altra amministrazione pubblica sono praticamente nulle in quanto tutti gli enti per rispettare il patto di stabilità dovranno contenere la spesa per il personale. L'alternativa ai licenziamenti, in alcuni casi, sarà la cessione ad aziende private e un conseguente e ulteriore processo di privatizzazione dei servizi pubblici.

In merito alla premialità, il protocollo supera le fasce decretate dall’allora ministro Brunetta (25/50/25) ma contemporaneamente fa pesanti aperture sulla validazione del sistema delle performance previsti dallo stesso decreto legislativo 150 del 2009 con la previsione di un salario accessorio differenziato in relazione ai risultati conseguiti. Si rafforzano il ruolo, le funzioni e le responsabilità dei dirigenti pubblici che in ultima istanza si traducono in un aumento della discrezionalità, cosa da noi sempre osteggiata nella critica alla Legge Brunetta.

Sulla parte applicativa della riforma del lavoro, fermo restando "il criterio principale del lavoro a tempo indeterminato" (premessa tanto scontata quanto inutile visto l'alto e ampio utilizzo del lavoro precario nelle amministrazioni pubbliche) si fa riferimento alla modalità di assunzione in tenure track che, nell'unico comparto pubblico in cui è stata previsto, la ricerca, ha aperto la strada ad anni di precarietà e ad una valutazione soggettiva e per nulla trasparente delle assunzioni. Dichiarare inoltre che l’intervento normativo dovrà riguardare anche la flessibilità in uscita, partendo da una premessa che fa riferimento alle modifiche previste nell'ambito del mercato del lavoro privato, è un'apertura alle modifiche dell'art 18 anche se non esplicitamente dichiarato.

Il fatto che il protocollo enunci il riconoscimento del Contratto Nazionale, di nuovi modelli di relazioni sindacali e annunci percorsi di superamento del precariato o nuovi criteri per la mobilità non sono di nessuna rassicurazione. Non è un mistero per nessuno che questo governo come i governi di tutta Europa si sta facendo carico e si farà carico anche in futuro di portare avanti una politica di tagli della spesa pubblica e di esuberi nelle amministrazioni. Basta ricordare che proprio sul blocco del contratto nazionale il governo Monti ha più volte ribadito la continuità con il governo Berlusconi.

Gli scioperi nei principali paesi dell'Unione Europea, vedi recentemente la Spagna in particolare nel pubblico impiego, e le elezioni politiche in Francia come in Grecia dimostrano come a livello internazionale aumenta tra i lavoratori e le lavoratrici il rifiuto delle politiche lacrime e sangue imposte da UE, Bce e Fmi.

Davanti a tutto ciò il compito della Cgil e della FP-Cgil in particolare, deve essere quello di una convinta opposizione. Per questo motivo il Direttivo Nazionale decide di ritirare la firma dalla preintesa e di non sottoscrivere il protocollo definitivo, e si impegna a promuovere assemblee tra i lavoratori, presidi informativi ai cittadini, al fine di arrivare allo sciopero generale della categoria, da troppo tempo minacciato ma mai seriamente convocato, per una decisa opposizione alle politiche di risanamento del Governo Monti e per la riconquista del Contratto Nazionale, lo sblocco del Turn Over e la stabilizzazione dei precari.