Da sei anni era in cassa integrazione a zero ore come altri 300 operai del reparto logistico di Nola
Un altro operaio suicida, l'ultimo di una lunga serie di lavoratori a cui il capitalismo ha chiesto di pagare i costi della crisi con la vita.
Pino De Crescenzo, operaio della Fiat di Nola e impegnato attivista dello Slai Cobas, prima di morire non ha lasciato nessun messaggio che motivasse il suo gesto. Forse non ce n'era bisogno. Pino era in cassa integrazione dal 2008, sei lunghi anni, troppo lunghi per un lavoratore sbattuto fuori dalla fabbrica insieme ad altri 300 compagni di lavoro e trasferito nel reparto confino di Nola, un impianto fantasma che sarebbe dovuto diventare il fulcro della logistica del gruppo Fiat nel Meridione e che invece non è mai decollato. Una delle tante bugie della Fiat di Marchionne e di chi lo ha preceduto ai vertici del Lingotto. Il vero e unico motivo di tale trasferimento è stato quello di volersi disfare di 300 lavoratori tra i più combattivi isolandoli e tenendoli lontano dalla produzione. Emblematica la foto di Pino che parla al megafono e indossa un cartello dalla scritta eloquente: «Sono stato deportato con accordo sindacale al reparto confino di Nola».
Prima di lui, altri operai di Fiat Pomigliano in cassa integrazione hanno tentato negli anni il suicidio. Un gesto estremo dettato da disperazione, sconforto, senso di impotenza, paura di non tornare mai più al lavoro, di non avere più di che vivere per sé e per la propria famiglia. E' il frutto di decenni di smantellamento delle conquiste sociali, di cedimenti sindacali, di distruzione dei rapporti di forza mediante una politica della "sinistra" volta a far credere alla classe operaia di essere un "soggetto debole", bisognoso di delegare il soddisfacimento dei propri bisogni a qualcun'altro.
Il 31 marzo scadrà la cassa integrazione per i 1400 lavoratori di Fiat Pomigliano e a luglio quella per gli operai dell'impianto mai nato di Nola. Il miglior antidoto ai gesti disperati di chi è e si sente escluso ed emarginato consiste nel restituire ai lavoratori la fiducia nelle proprie forze mettendoli in grado di lottare uniti per il rientro immediato in fabbrica di tutti i cassintegrati.
Corrispondenza da Pomigliano