Nuovo affondo di Federmeccanica: siamo alla disdetta del contratto metalmeccanici del 2008, l’ultimo firmato anche dalla FIOM, che ha validità fino al 31.12.2011. Dal 1 gennaio 2012, la FIOM resterà senza alcun contratto di riferimento, e non avendone firmati altri sarebbe formalmente esclusa dalla contrattazione, dato che si è dimostrata riottosa a mangiare la minestra del contratto 2009. "La Fiom fuori dalle fabbriche", esulta la stampa borghese, come "un grande Cobas".
Un altro capitolo dello stesso schema. La crisi, che è ben lontana dalla fine, mette a rischio i profitti e funziona da pretesto per un’offensiva padronale particolarmente aggressiva, che tenta di imporre ai lavoratori le proprie condizioni. Allo scopo Federmeccanica ha intenzione semplicemente di scegliersi gli interlocutori di riferimento: Cisl e Uil sono malleabili al punto giusto e pronte a firmare qualsiasi cosa venga proposta, quindi l’obiettivo resta quello di spezzare la resistenza delle frange di sindacalismo che ancora oppongono qualche ostacolo.
Non che il contratto del 2008 fosse stato accolto dai lavoratori come una conquista avanzata. Si trattava comunque di un accordo difensivo, con aumenti irrisori (i 127 euro si raggiungevano in 3 tranche: 60 dal 1.1.08, 37 dal 1.1.09 e 30 dal 1.9.09), e c’era già un sabato di straordinario comandato in più; ma il contratto firmato nell’ottobre 2009 segna un ulteriore deciso arretramento, e soprattutto aggiunge un elemento base alla pietra tombale sul contratto nazionale di lavoro. Per la prima volta alle imprese si affida praticamente l’arbitrio (che cosa saranno mai in grado di "trattare" veramente Cisl e Uil con le vertenze aziendali?) nelle retribuzioni come negli orari di lavoro, con i risultati di cui abbiamo avuto un assaggio eloquente con la vertenza di Pomigliano.
La disdetta del contratto 2008 è solo l’ultimo episodio di un’offensiva padronale complessiva, che apparentemente serve solo a impedire alla Fiom di aprire contenziosi facendo appello all’ultimo contratto firmato da tutti i sindacati, ma in realtà intende fiaccare qualsiasi tentativo di reazione dei lavoratori. E’ un elemento dello stesso schema che ormai conosciamo bene: linea aggressiva, con richiesta di aumento dei ritmi e peggioramento degli standard di lavoro, turni supplementari e straordinari obbligatori, tentativo di impedire o comunque di ostacolare l’utilizzo dello sciopero. L’ultima trovata è la pretesa di scorporare il settore auto dal contratto nazionale dei metalmeccanici, per imporre ulteriori deroghe.
A organizzare una linea di difesa strutturata e organizzata nei posti di lavoro rimane al momento quasi esclusivamente la Fiom, insieme a pochi altri sindacati di base, e il tentativo di isolamento dell’organizzazione dei metalmeccanici Cgil ormai è talmente palese che neanche la dirigenza Cgil tenta più di nasconderlo. Epifani, dopo aver sostanzialmente avallato gli accordi di Pomigliano esortando nei fatti i lavoratori a piegarsi all’accordo-capestro ("I lavoratori diranno un sì all’occupazione!") ora esorta la Fiom a capitolare. Il segretario generale, che sta per cedere il passo a Susanna Camusso, per storia e caratteristiche personali sicuramente non più combattiva del suo predecessore, così si è espresso di recente nei confronti della Fiom: "C’è davvero un tentativo di mettere la Fiom fuori gioco per molto tempo. Ho l’impressione che questa volta i nostri avversari non scherzino, non è una passeggiata. E’ necessario non lasciare sola la Fiom, ma anche la Fiom non si isoli. Perché su quella strada la Fiom sarà sconfitta e trascinerebbe nella sconfitta anche la Cgil". Evidentemente, per il segretario Cgil, per non essere sconfitti basta…rassegnarsi alla sconfitta. Per il momento la Fiom non intende arrendersi, e ha chiamato i lavoratori a manifestare al fianco dei metalmeccanici nella manifestazione del 16 ottobre a Roma.
E’ difficile non notare il sottile trionfalismo che si avverte sulla stampa borghese, ma anche nelle dichiarazioni di politici, di esperti di diritto del lavoro, etc., quando insistono, insieme all’isolamento della Fiom, sulla lotta di classe morta e sepolta, sul modello del conflitto sociale ormai un reperto archeologico, etc. Oggi il pretesto è la Fiom, ma l’obiettivo vero è la classe operaia. Sulla strada della crisi è necessario che la classe operaia si offra docilmente al capestro di un inasprimento ulteriore delle proprie condizioni, in nome delle esigenze di un sistema che si spaccia come unico e immutabile. Così sentenzia Dario Di Vico sul Corriere della Sera, 8.9.10: "E’ l’economia globale, bellezza. Costringe tutti a rimettere ordine nella gerarchia delle contraddizioni e a individuare i veri avversari", con il che sottintende come, lungi dall’essere gli imprenditori "i veri avversari", lo sia un’ipotetica "economia globale". Agli ideologi borghesi farebbe comodo che i lavoratori si assoggettassero inerti alle disgrazie del sistema capitalistico come un contadino di fronte alla grandinata sulla vigna, ma i lavoratori non hanno alternative, se non individuare i "veri avversari" senza i loro suggerimenti.