La Norman Atlantic è un traghetto del tipo Ro- Pax (rotabili passeggeri). Varato nel 2009 con il nome Akerman Street. Nel giro di 5 anni passa di mano, attraverso il noleggio, a diversi armatori e cambia più di una volta il nome . Al momento dell’incendio era impiegata su una delle tante “autostrade del mare”, sulla rotta Patrasso-Igoumenitsa-Ancona, dalla società di navigazione greca Anek Lines, noleggiata a tempo, per sostituire un suo traghetto che, di recente, aveva preso fuoco.
Il 28 dicembre, mentre naviga nel canale d'Otranto, la nave lancia il mayday , il segnale di richiesta di soccorso. A bordo ci sono circa 500 persone, ma le controversie sul numero esatto di passeggeri e di componenti l'equipaggio mettono subito in luce che, come minimo, c'è stata una mancanza di controllo da parte della Anek Lines. Successivamente si sparge la notizia che ci sono, fra i passeggeri, degli emigranti fuori lista d'imbarco.
Che cosa è successo? È scoppiato un incendio che i dispositivi antincendio di bordo non sono in grado di domare.
Le operazioni di soccorso traggono in salvo, in condizioni meteorologiche molto difficili, 477 persone, tra cui due immigrati afgani, i morti accertati sono 11 di cui due corpi, avvistati in mare, non recuperati. Si stimano 18 dispersi, fra questi due immigrati. Alla tragedia del traghetto bisogna aggiungere quella del rimorchiatore albanese giunto in soccorso dove, nella concitata manovra di aggancio, due marinai hanno perso la vita per la rottura del cavo di rimorchio.
Gli armatori chiamati a rispondere a risarcire a cose e persone sono tanto la Visemar navigazione, responsabile della nave e del personale navigante, quanto la Anek Lines, società, responsabile della gestione commerciale. Naturalmente, da bravi pescecani, si sbraneranno a colpi di avvocati per attribuirsi reciprocamente il massimo della responsabilità. Non meno feroce sarà la battaglia delle rispettive compagnie d'assicurazione per risarcire il meno possibile tanto gli armatori quanto le famiglie delle vittime e i sopravvissuti.
Il Procuratore di Bari ha aperto un fascicolo sul caso. In un'intervista ha fatto sapere che le indagini riguardano i tempi dei soccorsi, quelli di evacuazione della nave in fiamme e la dinamica dell'incendio, compreso il suo mancato spegnimento con i dispositivi di bordo.
Ancorata a Brindisi, la Norman Atlantic deve ancora essere ispezionata nella sua interezza dalle autorità, date le altissime temperature che l'incendio vi ha sviluppato. Ma indipendentemente dall'esito dell'indagine, si possono indicare come fattori di pericolo, noti a tutti i marittimi, la lunghezza dei turni del personale, i riposi insufficienti e la riduzione all'osso degli equipaggi. Non si contano gli incidenti che avvengono nel corso delle operazioni di sbarco e imbarco. Nessuno controlla e nessuno denuncia. Così avviene il paradosso che navi che disporrebbero di una tecnologia avanzata, come appunto la Norman Atlantic, hanno un tasso di incidenti più alto delle altre. Proprio la complessità tecnologica esigerebbe che il personale imbarcato fosse impiegato nella manutenzione ordinaria e non nelle operazioni di rizzaggio e derizzaggio degli automezzi nei garage dei traghetti. Per comprimere ulteriormente i costi del personale di bordo, si chiede ai marittimi, invece che ai portuali, di svolgere questo tipo di operazioni.
Le regole di sicurezza sono sempre più costrette a piegarsi a quelle del mercato. Governi e Registri Internazionali, avendo per misura il profitto, impongono riduzioni delle tabelle del personale navigante e deroghe a queste stesse tabelle ridotte, mentre le visite di controllo sulle navi, in caso di riscontro di anomalie, danno più spesso luogo a proroghe che al fermo.
La tragedia del 28 dicembre2014 trova una sua prima spiegazione nel personale di bordo ridotto all’osso di fronte ad una capacità di trasporto sempre più grande. Si riducono gli spazi fra persone, cose e mezzi pesanti e infiammabili mentre la rarefazione del personale rende impossibile ogni seria sorveglianza.
Corrispondenza marittimi